mercoledì 15 maggio 2013

La malattia sintomo o messaggio di disagio?


Nella mia pratica medica sono giunto alla convinzione che la specializzazione estrema cui oggi si è spinta la medicina ha fatto perdere il punto centrale di tale professione: il malato.
Oggi il medico è settoriale, preoccupato della sua parte specialistica e si arriva al paradosso che tecnologie molto avanzate impediscono che si riassumano i dati ottenuti e che nessuno più ascolti con calma e attenzione il racconto e il problema del paziente, così da trarre un quadro unitario e sistemico.

Cosa si perde nella attuale pratica medica?  Il colloquio, l'attimo in cui medico e paziente creando un legame di dialogo sinergìco vanno oltre lo stretto colloquio professionale.
Perdendo il rapporto dialogico e il contatto si perde il momento più importante: lo scoprire che cosa realmente genera la malattia.
Oggi si fa presto a parlare di virus o mutazioni, ma si ci dimentica della domanda importante, quella centrale nell'inizio del percorso di guarigione: cosa succede dentro noi stessi e che determina il passaggio dallo stato di salute  allo stato di malattia?

Raccontare di soffrire di mal di testa ricorrenti, o di allergie che non danno tregua con sequenza di esami clinici ai quali vi siete sottoposti e che hanno dato esito negativo, cosa può comportare per il medico ed il paziente?  La scelta tra due strade: l'una, quella più usuale che tratta la malattia esclusivamente con farmaci 
via via più forti, l'altra quella che sonda  il percorso che permette di scoprire la ragione prima della malattia.

Cosa accade al nostro corpo in ogni istante della vita?

Mente e corpo, emozioni ed organi, pensieri e cellule, sono perfettamente interagenti, inscindibilmente collegati. E salute o malattia possono essere una possibile espressione di benessere o malessere interiore,  infatti la nostra anima o sè superiore o psiche (a seconda di quale nome ci suoni più congeniale) ci manda dei
messaggi attraverso il nostro corpo, il quale è il sensore che comunica direttamente con noi. Le emozioni che fanno star male e non affrontate e protratte nel tempo creano dei blocchi energetici che si somatizzano trasformandosi in disagi emotivi sino ad influenzare le nostre strutture neurovegetative, che a loro volta regolano diverse funzioni organiche, e quindi, alterandosi sfociano in malattie. Nuove ricerche testimoniano, infatti, che l'organismo è una sorta di rete di comunicazione, le sensazioni ed emozioni positive e negative sono analizzate e elaborate dal cervello, e precisamente dal sistema limbico e dall'ippocampo, stimolando indirettamente la produzione di sostanze diverse che a cascata modulano il funzionamento dei vari organi ed apparati. 

Ogni parte del nostro corpo ha una sua chiave di lettura, ecco dunque il significato della malattia o meglio della mancanza di armonia psico-fisica a seconda delle zone nella quale si presenta.

C'è chi ha già postulato la malattia psicosomatica, che trae origine dalla medicina classica come quella di Ippocrate che aveva affermato come responsabile della malattia, lo squilibrio tra gli umori del corpo. Tale concezione è di importanza fondamentale per la storia della medicina psicosomatica poiché inserisce il “temperamento” individuale come elemento sostanziale della malattia individuando, in ciascuna persona, la sua “costituzione”: il tipo “sanguigno, “flemmatico”, “bilioso” e “melanconico”, esprimerebbero, in definitiva, il carattere e il “modo di porsi nel mondo” di ciascuno di noi. 

Esiste una chiave di lettura per interpretare i messaggi nel corpo e capire cosa vuole dirci quel disagio o quella malattia e cosa dobbiamo modificare e trasformare per sentirci bene ed in armonia con noi stessi e con l’ambiente circostante. Qualcosa di noi può essere rivisto e trasformato, i nostri pensieri, le nostre emozioni, il messaggio che riceviamo ci vuole far capire che il pensiero che ci fa male si può cambiare e trasformare in pensiero che ci fa stare bene. Ecco la chiave di lettura delle problematiche psicofisiche e dei messaggi che il corpo cerca di darci attraverso il disturbo ed disagio fisico. 

Quando si parla di malattia psicsomatica bisogna comprendere l'essenza della parola e non soffermarsi su quel dispregiativo termine che sembra oggi essere.

Ad esempio prendiamo il mal di denti un disturbo cosi univocamente inteso come organico, i denti, con la loro funzione di sminuzzare il cibo, rappresentano la parte più aggressiva del corpo. Chi soffre di frequenti mal di denti può mancare di vitalità e della capacità di prendere posizione e, a volte, anche di autodifendersi dagli attacchi altrui. Per tale ragione il corpo utilizza al massimo le energie a disposizione per superare il disagio. Se non emerge il ricordo dell’antico dolore si instaura un adeguamento alla situazione utilizzando le energie di riserva. Svuotando la riserva energetica si va ad intaccare l'organo bersaglio che si ammalerà.

A questo punto il medico completo interviene in due modi lenendo il sintomo,il mal di denti (carie o altro) e guarendo la malattia: mancanza di vitalità perchè quella che comunemente è intesa come infermità non è altro che l'espressione organica, somatica di un profondo disagio dell'animo.

Questa integrazione sempre costante fa ritrovare il pieno benessere dell'organismo e lo fa guarire. Guarire significa riprendere la consapevolezza di se, dello stare bene fisico ed emozionale. Guarire significa non ammalarsi più, non passare da una medicina ad un'altra, nella futile speranza di attenuare la sofferenza.

1 commento:

  1. Ciao! Leggendo questo tuo articolo, nella parte iniziale, mi è venuto in mente questo libro, http://www.raffaellocortina.it/la-scomparsa-del-dottore
    Dove si può incontrare oggi un medico con l'approccio che tu descrivi? Ne ho conosciuto uno solo nella mia città, primario in una clinica e antroposofo, ma ho sentito qualche suo collega fare battutine ironiche.Certo è più facile notare indifferenza o accanimenti diagnostici/terapeutici, anche praticati in ottima fede.


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