domenica 17 aprile 2011

Ancora più libera la diffusione di OGM nei cibi






“La salute dell’uomo sta’ più nell’appropriato uso della cucina che nelle scatole degli speziali” Francesco Redi (1626-98)

Secondo le stime del Servizio internazionale per l’acquisizione delle applicazioni agro-biotech (Isaaa, rapporto N. 42) nel 2010 si è avuto un notevole incremento su scala mondiale delle coltivazioni transgeniche la cui diffusione ha superato in meno di 15 anni il miliardo di ettari, distribuiti prevalentemente fra Stati Uniti, Brasile ed Argentina; è emersa anche una rapida accelerazione in Cina, ove tali colture sono state adottate da circa 6,5 milioni di agricoltori.

All’interno dell’Ue, escludendo il caso spagnolo ― sul cui suolo si concentra circa l’80% dei terreni europei destinati agli Ogm ben ventuno Paesi dell’Unione mantengono il proprio divieto.
Gran parte dei consumatori si dimostra altresì diffidente verso l’alimentazione transgenica e trovandosi di fronte all’apposita etichetta identificativa, potendo scegliere ne rifugge l’acquisto.

Purtroppo col via libera concesso dall’Ue ai mangimi importati composti anche da materiale gm, evitare la contaminazione si farà sempre più arduo: se nel prodotto le tracce sono inferiori allo 0,9% non è infatti prevista l’etichettatura obbligatoria.
Nonostante i ripetuti appelli di medici e ricercatori, nonostante le preoccupazioni di associazioni ambientaliste per la temuta propagazione dei transgeni e l’allerta per la salute pubblica, gli Ogm continuano ad essere sponsorizzati come il “miracolo” che sfamerà il mondo intero.

L’Ue si fa sempre più permissiva, agevolando gli interessi delle grandi multinazionali statunitensi: un atteggiamento di apertura che ha avuto inizio nel 2003, anno in cui gli Stati Uniti assieme a Canada ed Argentina vinsero la vertenza commerciale presso la Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio) contro la moratoria europea del ’98 che sospendeva le autorizzazioni al mercato transgenico.

Strumento, o meglio testa di ponte che favorì la strategia aggressiva utilizzata dagli Usa per imporre sanzioni contro tutti i Paesi ― in particolar modo quelli in via di sviluppo, com’è accaduto già per Bolivia e Srī Lanka ― che avessero intenzione di applicare restrizioni in tal senso, è stato il programma stabilito dalla commissione Codex Alimentarius.
Si tratta del principale organismo mondiale, coordinato dall’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che dispone le direttive di sicurezza alimentare, fissa i limiti sui residui di pesticidi, additivi e farmaci veterinari e le norme igieniche rivolte a ben 153 Paesi. Questi standard sono il punto di riferimento adottato dalla Wto per giudicare le vertenze internazionali ad essa sottoposte, ed è pertanto ovvio che tutti i Paesi membri dovranno sempre più attenervisi, volendo evitare le conseguenti perdite economiche dovute ad esorbitanti sanzioni.
Facilitare gli scambi commerciali internazionali è uno degli obiettivi dichiarati dal Codex Alimentarius, assieme a quello di “garantire ai consumatori un prodotto sano e igienico” e “correttamente presentato ed etichettato”: peccato siano delle finalità in netto contrasto fra loro, dato che gli interessi economici delle lobby industriali non antepongono certo la salute umana al profitto.

Anche il Codacons è intervenuto ― nel 2010 ― lanciando un allarme sugli additivi chimici sdoganati dal Codex: “alimenti trattati con sostanze quali micotossine, idrocarburi aromatici policiclici; desoxynivasol; acrilamide, cadmio.

Per i pesci si teme per il metilmercurio e per il piombo. Recentissima è poi l’autorizzazione ad aumentare fino a quasi il doppio il livello delle aflatossine nelle nocciole, noci, pistacchi e fave di cacao.
Eppure è risaputo che fin dagli anni Sessanta le aflatossine venivano utilizzate dai ricercatori per indurre i tumori negli animali per poi studiarli. Pertanto, le stesse non sono «potenzialmente» cancerogene; ma sono cancerogene e basta!”.
Consultando le linee guida sui cibi transgenici si legge: “I microorganismi a Dna-ricombinante usati per produrre questi alimenti sono generalmente derivati, usando le tecniche della più moderna biotecnologia, da ceppi che hanno una storia di sicuro e propositivo impiego nella produzione alimentare”. Nei casi in cui non vi sia alcuna referenza, non se ne esclude l’uso ma “si dovrà stabilire la loro sicurezza”. In che modo?
“Le valutazioni di sicurezza che sono state condotte hanno riguardato soprattutto la mancanza di proprietà associate alla patogenicità di questi microorganismi e l’assenza di segnalazioni su effetti collaterali attribuibili alla loro ingestione”. Parametri come la stabilità genetica dei suddetti, il potenziale di trasferimento genico e di colonizzazione o interazione con la flora del tratto intestinale, oltre all’impatto sul sistema immunitario verranno valutati a posteriori, in seguito ad eventuali ed imprevedibili conseguenze di un’assunzione prolungata: “le misure di gestione del rischio come il monitoraggio post-commercializzazione degli effetti sulla salute dei consumatori possono facilitare il processo di valutazione”.
Perciò secondo il Codex Alimentarius, prima di poter affermare che gli Ogm siano nocivi sarebbe necessario che il vostro benessere ne venga (irrimediabilmente?) compromesso, dopodiché sarà presa in considerazione l’ipotesi: sempre che siate in grado di dimostrare la diretta responsabilità dei “microorganismi a Dna-ricombinante” nell’insorgenza di una qualunque patologia. Altro criterio per una stima del rischio sarebbero infatti gli esiti sugli animali, e la conclusione a cui si giunge è proprio che “individuare qualsiasi effetto indesiderato e metterlo in relazione definitivamente con una caratteristica specifica del cibo può essere estremamente difficoltoso”, per l’appunto!

Come se non bastasse, degli Ogm sono sconosciuti anche “i potenziali risultati della trasformazione alimentare, inclusa quella domestica”; potrebbero esserci ad esempio “alterazioni nella stabilità di una sostanza tossica endogena o nella biodisponibiltà di importanti nutrienti dopo l’elaborazione”. Ma in ogni caso “basando la stima sul più alto consumo possibile è garantito che il potenziale di effetti nutrizionali indesiderati verrà rilevato”, ed inoltre “l’obiettivo della valutazione sulla sicurezza è concludere che il cibo prodotto con un microorganismo a Dna-ricombinante è sicuro quanto la controparte tradizionale”.

Fonti esseziali
Stanley W.B. Ewen, Árpád Puszai, Effect of diets containing genetically modified potatoes expressing Galanthus nivalis lectin on rat small intestine, in «The Lancet», Vol. 354, N. 9187, pp. 1353- 354, 16 October 1999.
Codex Alimentarius Commission, Twenty-sixth Session, FAO Headquarters, Rome, 30 June-7 July 2003;
General guidelines on claims, CAC/GL 1-1979 – Codex Alimentarius.
Guideline for the conduct of food safety assessment of foods produced using ecombinant-Dna microorganisms, CAC/GL 46-2003 – Codex Alimentarius.

Rinascita http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=739

Non bombarderemo la Libia


La conferma del no di Berlusconi ai bombardamenti sulla Libia non può renderci meno colpevoli.
L’ipocrisia della partecipazione a questa missione dei cosiddetti volenterosi, capeggiati dagli anglo-francesi, non può essere insabbiata.

era più corretto aspettare, far passare l'emotività e poi decidere. Anche perché si tratta di una guerra tra tribù, dove diventa complesso giudicare e posizionarsi.
Assolutamente senza voler rendere Gheddafi un eroe o un giusto capo di stato.

Sarkozy, Cameron, Obama hanno chiesto un intervento più deciso dell'Italia e il nostro governo ha detto no.
quindi la nostra aviazione Militare non bombarderà le forze lealiste né le città libiche per spianare la strada ai ribelli di Bengasi. Però, lo ripetiamo, si tratta di una posizione ipocrita, in quanto partecipiamo comunque all’annullamento della contraerea del colonnello. “Facciamo già abbastanza”, questa la posizione espressa da Berlusconi, soprattutto per la “nostra posizione geografica ed il nostro passato coloniale”.
Con il governo francese siamo duramente in contrasto sia per le decisioni libiche che per quelle sul flusso migratorio. Sul primo non abbiamo mandato giù il protagonismo di Sarkò che per questioni interne e per il petrolio libico ha avviato questa nuova guerra.

Giustamente si deve difendere il primato dell’Eni che dai tempi di Mattei opera sul territorio libico ma non per questo si deve stare in questa alleanza.
Berlusconi come lo stesso ministro della guerra La Russa nonché Frattini sono passati dalla difesa di Gheddafi al riconoscimento del governo di Bengasi.
Va bene che siamo italiani e quindi abituati a passare da una posizione all’altra, ma ancora un ennesimo "to badogliate" è troppo.