domenica 30 gennaio 2011

Direttiva CEE su erboristeria. Ingresso della lobbies del farmaco anche qui



Si dice che dal prossimo primo aprile 2011, cioè tra quattro mesi, spariranno dalla vendita integratori, medicine naturali tradizionali, chiuderanno le scuole di naturopatia e omeopatia, e verranno date alle fiamme tutti i libri su argomenti naturali.
Notizio che certamente rientrano in una strategia ben precisa.
Diffondere notizie non realizzabili (almeno nell’immediato) rientra in una strategia mediatica di deviazione delle masse.
Chi infatti potrà mai credere che spariranno libri, o addirittura che saranno chiuse le scuole pluridecennali di naturopatia?
Siccome ciò nel breve termine ciò è impossibile, il risultato è che tutto perde di significato.

Cerchiamo di fare un po’ chiarezza.

Direttiva 2000/13/CE
Studiamo prima la direttiva del 20 marzo 2000 quando i burocrati del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa hanno deliberato la Direttiva 2000/13/CE “relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità"
In questa Direttiva, entrata in vigore il 26 maggio 2000, si parla dell’etichettatura a livello comunitario.

Articolo 2

1. L'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:

b) (…) attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà.

Nella presente Direttiva NON si può “attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà”. Cosa i burocrati intendono per “prodotto alimentare” lo troviamo nella Direttiva 2002/46/CE.

Direttiva 2002/46/CE
La Direttiva 2002/46/CE, sancita questa volta in Lussemburgo, “relativa a ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernente gli integratori alimentari" è molto interessante!

In Italia è stata recepita con un Decreto legislativo nr. 169 del 21 maggio 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nr. 164 del 15 luglio 2004.

Articolo 1
1. La presente direttiva si applica agli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari e presentati come tali.

All’articolo 1 della Direttiva 2002/46, gli “integratori alimentari”, sono commercializzati come “prodotti alimentari”, e in quanto tali, per la Direttiva 2000/13 vista prima, NON si è possibile attribuire loro alcuna proprietà “atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana” .
All’articolo 2, paragrafo b) invece, si specifica che le vitamine e i minerali sono considerati “sostanze nutritive” o “nutrienti”, mentre al paragrafo a) gli “integratori alimentari” possono essere costituiti da una “fonte concentrata di ‘sostanze nutritive’ ”. Si può per tanto concludere che anche le vitamine e i minerali sono considerati “prodotti alimentari”!

Articolo 2

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "integratori alimentari": i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico (…);

b) "sostanze nutritive" o "nutrienti": le seguenti sostanze:

i) le vitamine;

ii) i minerali.

Ecco il primo passaggio epocale: trasformare “minerali”, “vitamine” e “piante”, prima in “integratori” e quindi in “prodotti alimentari” (integratori alimentari), specificando anche la dose raccomandata per l’assunzione giornaliera (la ridicola R.D.A.). Dose da non superare, ovviamente!
Non è tutto, perché a corredo di tale direttiva, il Ministero della Salute ha fornito un elenco delle piante permesse (Tabella B: “erbe impiegabili negli integratori alimentari”) e un elenco delle sostanze non permesse (circa 400, Tabella A: “erbe il cui uso deliberato non è ammesso”).
Tutte le piante citate in quest'ultimo elenco, sono state tolte dal commercio, creando confusione tra venditori e consumatori e seri problemi economici ai produttori!
Tanto per capire la situazione, ci sono numerosi casi in cui una medesima pianta figura in entrambi gli elenchi, differenziata solo dalla parte utilizzabile (seme, fiore o corteccia per esempio). Ancora più confusione e danni economici enormi a quelle piccole o medie aziende che magari hanno investito soldi su dei prodotti, piuttosto che su una specifica pianta.

Se teniamo conto che nella Direttiva 90/496/CEE del 24 settembre 1990, come “prodotti alimentari” sono, quelli “destinati a ristoranti, ospedali, mense e altre analoghe collettività" cioè solo alimenti!
Specificando subito dopo, all’articolo 1, paragrafo 2) che tale Direttiva (90/496/CEE) non si applica alle acque minerali e agli “integratori di regime/complementi alimentari
E’ la prima volta dal 1990, che vitamine e minerali vengono considerati come “prodotti alimentari”, con le conseguenze che abbiamo visto sopra e che vedremo anche tra breve.
Adesso veniamo alla Direttiva che più ha scatenato le rivolte nel web.

Direttiva 2004/24/CE
Questa essendo stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. L 136 il 30/04/2004, non entra in vigore, come viene detto nel web, il primo aprile 2011, ma il mese successivo, e cioè il primo maggio del 2011.

Ciò elimina dalla testa dei malpensanti un “pesce d’aprile” di catastrofiche dimensioni.
La Direttiva 2004/24 modifica “per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano".
L’ormai arcinota Direttiva modifica una precedente Direttiva, la 2001/83 del 6 novembre 2001, che definisce “i medicinali per uso umano”, per l’esattezza va a modificare i “medicinali vegetali tradizionali”.

Cosa sono questi medicinali?
La Direttiva è chiara a tal proposito e definisce “medicinale”, “medicinale vegetale tradizionale” e “medicinale vegetale”.
Con il termine generico “medicinale”, la definizione è la seguente:

(Punto 2) comma a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata avente proprietà curative o profilattiche delle umane; o comma b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica.

Permedicinale vegetale tradizionale”:

29) medicinale vegetale che risponda ai requisiti di cui all'articolo 16 bis, paragrafo 1.

Permedicinale vegetale”:

30) ogni medicinale che contenga esclusivamente come principi attivi una o più sostanze vegetali o uno o più preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in associazione ad uno o più preparati vegetali.

All’articolo 16 bis, paragrafo 1 si dice che è istituita una procedura di registrazione semplificata per i medicinali vegetali che soddisfano TUTTI i seguenti requisiti:

a) le indicazioni sono esclusivamente quelle appropriate per i medicinali vegetali tradizionali che, in virtù della loro composizione e del loro scopo, sono destinati ad essere utilizzati senza controllo medico per necessità di diagnosi, di una prescrizione o per il controllo del trattamento;

b) ne è prevista la somministrazione solo in una determinata concentrazione e posologia;

c) si tratta di un preparato per uso orale, esterno e/o inalatorio;

d) è trascorso il periodo di impiego tradizionale di cui all'articolo 16 quater, parag. 1, lettera c);

e) i dati relativi all'impiego tradizionale del medicinale sono sufficienti; in particolare, il prodotto ha dimostrato di non essere nocivo nelle condizioni d'uso indicate e i suoi effetti farmacologici o la sua efficacia risultano verosimili in base all'esperienza e all'impiego di lunga data.

A parte i paragrafi i primi tre, la lettera d) sancisce un periodo di tempo tradizionale stabilito dall’articolo 16 quater, paragrafo 1 lettera c).
Articolo 16 quarter, paragrafo 1 lettera c).

La documentazione bibliografica o le certificazioni di esperti comprovanti che il medicinale in questione o un prodotto corrispondente ha avuto un impiego medicinale per un periodo di almeno trent'anni anteriormente alla data di presentazione della domanda, di cui almeno 15 anni nella Comunità. Su richiesta dello Stato membro in cui è stata presentata la domanda di registrazione per impiego tradizionale, il comitato dei medicinali vegetali esprime un parere sull'adeguatezza della dimostrazione dell'uso di lunga data del medicinale in questione o del prodotto corrispondente. Lo Stato membro presenta la documentazione rilevante a sostegno della richiesta

Un prodotto che funziona, se non si riesce a comprovare il suo impiego continuativo per almeno 30 anni, prima della data di presentazione della domanda, rischia di essere messo al bando e tolto dal commercio.
Ma i punti che più c’interessano, scorrendo la Direttiva del 2004, sono il 3 e 5.

Punto 3:

“Nonostante una lunga tradizione d'uso, numerosi medicinali non rispondono ai requisiti relativi all'impiego medicinale ben noto né presentano una riconosciuta efficacia e un livello accettabile di sicurezza e non possono pertanto essere oggetto di un'autorizzazione all'immissione in commercio. (…)”

Punto 5:

“(…) Tuttavia, poiché neppure una lunga tradizione consente di escludere eventuali timori circa la sicurezza del prodotto, le autorità competenti dovrebbero avere la facoltà di richiedere tutti i dati necessari per la valutazione della sicurezza. La qualità di un dato medicinale non è determinata dal suo impiego tradizionale. Pertanto non dovrebbero essere concesse deroghe all'obbligo di effettuare le necessarie prove chimico-fisiche, biologiche e microbiologiche. I prodotti dovrebbero soddisfare le norme di qualità contenute nelle monografie della farmacopea europea pertinenti o in quelle della farmacopea di uno Stato membro”

Qui il caos è voluto.

Da una parte dicono che una lunga tradizione di un medicinale vegetale consente di non dover fare la sperimentazione preclinica e dall’altra dicono che tuttavia, poiché “neppure una lunga tradizione consente di escludere eventuali timori circa la sicurezza del prodotto, le autorità competenti dovrebbero avere la facoltà di richiedere tutti i dati necessari per la valutazione della sicurezza”
Ecco il giochetto messo in atto dai burocrati di Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo.

Le autorità di controllo, completamente fagocitate dalle corporation della chimica e farmaceutica, dovrebbero richiedere - avendone la facoltà e autorità - i dati necessari per la valutazione della sicurezza di un prodotto vegetale tradizionale.
Sapete come si valuta la sicurezza di un prodotto per uso umano? Lo spiega la stessa Direttiva 2004/24/CE:

“Le domande di autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale debbano essere corredate di un fascicolo contenente informazioni e documenti relativi in particolare ai risultati delle prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e delle sperimentazioni cliniche effettuate sul prodotto e comprovanti la sua qualità, sicurezza ed efficacia”

Per tanto, se una azienda vorrà vendere un prodotto erboristico (pianta o parti di pianta) descrivendone però le caratteristiche “terapeutiche” e/o “curative” questo verrà considerato alla stregua di un “farmaco di sintesi”, anche se viene usato da migliaia di anni.
Per una piccola o media azienda questo è praticamente impossibile!
Per produrre rimedi terapeutici naturali, bisognerà fornire alle autorità: prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e cliniche.

La domanda che sorge spontanea: chi potrà permettersi tutto ciò? E la risposta purtroppo è sempre la stessa: i soliti noti… Solo le aziende del farmaco potranno economicamente registrare un prodotto erboristico per poi tenerlo fermo in un cassetto, oppure guadagnandoci miliardi alla faccia delle piccole aziende che lavorano bene e onestamente.

domenica 16 gennaio 2011

Ancora sulla vaccinazione antiinfluenzale

Oramai siamo in inverno e come al solito stiamo assistendo alla trita e ritrita diatriba sulla utilità della vacinzione contro l'influenzale stagionale (che conterrà, oltre all' H3N2 A/Perth e B/Brisbane, il famoso A/H1N1).

Tema che quest'anno riprende con toni e proponimenti diversi visto l'insuccesso della campagna vaccinale dello scorso anno contro l'influenza pandemica, rifiutata da pazienti e medici. e dai dubbi e le polemiche sulla sicurezza e l'efficacia della vaccinazione.

A proprosito di campagne nazionali di vaccinazioni è di questi giorni la notizia che la Finlandia ha bloccato la somministrazione del vaccino H1N1 nel timore di una relazione tra il vaccino e l'aumento dei casi di narcolessia (il 300% negli ultimi sei mesi tra bambini e giovani).

Anche in Svezia l'Agenzia Nazionale per i farmaci, dopo aver ricevuto numerose segnalazioni di casi di narcolessia che si sospettano legati alle vaccinazioni, ha informato l'Agenzia Europea per la Medicina (EMA). Un Comitato di vigilanza indagherà sul possibile rapporto causale, dopo analoghe segnalazioni provenienti da altri paesi europei, quali Norvegia, Francia e Germania.

Naturalmente i media guidati dal potere delle multinazionali del farmaco comunicheranno dati sul numero sugli ammalati (quante persone a letto con l'influenza?) e qualche previsione catastrofica sulle vittime. Immancabilmente seguirà qualche comunicazione ufficiale da parte delle autorità sanitarie o delle varie associazioni di medici e specialisti per invitare tutti a vaccinarsi.

La pubblicità commerciale, diretta o occulta si attenuerà solo quando le scorte dei vaccini inizieranno a diminuire. Ma finché i vaccini restano in magazzino, la propaganda rimarrà aggressiva, ed il marketing sempre più diffuso.

Ricodro che l'influenza è impossibile da distinguere da altre forme virali in base ai soli sintomi clinici. Si usa il termine di Influenza-Like Illness per definire le malattie simil-influenzali, di cui la vera influenza, quella verso la quale esiste il vaccino, rappresenta circa il 10% del totale, secondo alcuni studi addirittura solo il 6%. Questa confusione è un motivo di distorsione nella valutazione dell'impatto sociale, della morbilità e della letalità della influenza, che può essere diagnosticata con certezza solo attraverso esami di laboratorio. E' su questo equivoco che si genera molto della propaganda: si trascura di ricordare che il vaccino può immunizzare unicamente dai virus contro cui è mirato.

Prove scientifiche dimostrano che: i vaccini nei bambini al di sotto dei 2 anni sono efficaci come il placebo, cioè niente.

Non vi sono prove che i vaccini riducano la mortalità né tra i bambini e che tra gli adulti.

L'assenza dal lavoro degli adulti occupati è ridotta di circa due ore solamente.

Non vi è correlazione fra incidenza dell'influenza e riduzione della mortalità e copertura vaccinale negli anziani istituzionalizzati.

In realtà le prove di efficacia di cui si dispone sono deboli e le aspettative dei benefici non sono realistiche. La storia della medicina è ricca di trattamenti entrati nella pratica e nella dottrina pur privi di certezze di sicurezza ed efficacia. Il vaccino antinfluenzale è un esempio emblematico della comunicazione imperfetta tra ricerca scientifica e pratica medica. La campagna vaccinale non si basa su evidenze scientifiche, ma sull'intreccio tra l'industria che produce i vaccini, ed istituzioni che adottano scelte e comportamenti spesso all'ombra di conflitti di interesse.

BIBLIOGRAFIA
Jefferson T. Influenza vaccination: policy versus evidence. BMJ 2006; 333: 912-915.
Jefferson T, Smith S, Demicheli V et al. Assessment of the efficacy and effectiveness of influenza vaccine in healthy children; systematic review. Lancet 2005; 365: 773-780.
Szilagji PG, Fairbrother G, Griffin MR, et al.Influenza vaccine effectiveness among children 6 to 59 months of age during 2 influenza seasons. Arch Pediatr Adolesc Med 2008;162:943-51.
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Grandori L.Vaccinare contro l'influenza i bambini sani: con quali obiettivi.Quaderni ACP 2007;14(3):122-230; 340:c2947 QQACP7; 14(3): 122-123
Bruzzone M.Grazia,Ricominciano le polemiche sui vaccini anti influenza.Lastampa.it Brownlee S. Lenzes J. Internazionale 2009 nov;36-44