lunedì 19 dicembre 2011

correlazione fra materia e spirito

Il Verbo, emanato dalla mente divina, ha creato il movimento universale e che mediante l'azione reciproca di due forze contrarie l'azione e la reazione - ha generata l'armonia di tutte le varietà della Natura.

«Io faccio splendere la luce primitiva sulla strada delle tenebre con l'aiuto della grande forza magica della mia Parola» (Papiro di Torino).
Nel Prometeo di Eschilo, la parola di Zeus, personificata nella Potenza, lega con catene invincibili il Dio sulla vetta più selvaggia del Caucaso.

Ed ancora: «Indi Dio creò sette spiriti che governano il mondo sensibile, e questi esecutori della sua volontà regolano ciò che viene chiamato Destino» (Ermete - Pimandro).

Nella genesi ermetica ogni pianeta è animato da uno Spirito che irradia e spande la sua influenza sui mondi inferiori.
Questi Spiriti corrispondono agli arcangeli della teogonia cristiana.
Gli Arcangeli sono, secondo Dionigi l'Areopagita, i messaggeri dei segreti divini.

Il mistero delle sette stelle nella mano di Dio, e dei sette candelieri d'oro (APOCALISSE – cap I) sono la trasposizione dei sette pianeti ed i sette spiriti o gli Arcangeli che li animano.
I quattro animali che stanno innanzi al trono circondato dai sette spiriti, simbolizzano i quattro elementi, l'Aria, il Fuoco, l'Acqua e la Terra, che mediante le loro reciproche combinazioni hanno create tutte le opere della Natura.

In tal modo tutto si chiarisce al lume della sapienza antica.
La scala di Giacobbe, percorsa in ambedue i sensi, dal Cielo alla terra e dalla terra al cielo, dagli angeli di Dio, raffigura perfettamente i rapporti che esistono tra il mondo fisico ed il mondo spirituale. Questa stessa significazione riscontriamo nella parola religione (religare): unione, legame della terra con il mondo superiore.

In questo senso bisogna interpretare Plutarco, quando scrive: «La religione è la storia allegorica della Natura» (Opere morali).
Infatti la natura è lo spettacolo permanente delle analogie che uniscono le sfere fisiche alle sfere immateriali.

«I fenomeni del mondo fisico e quelli del mondo morale sono stati sempre tra loro connessi nel pensiero del padri dell'Umanità. Tutta l'antichità, con i suoi monumenti, con le sue costumanze è piena di questa analogia» (BALLANCHE - Palingenesi).
Platone, nel Parmenide, scrive: «Le Idee sono come i modelli generali della Natura, le altre cose rassomigliano loro; sono le loro copie».
Ogni oggetto naturale è dunque la rappresentazione di una idea, di cui il prototipo è nel cielo. La natura visibile è modellata sull'invisibile, come il corpo è modellato sull'anima.

La natura è, secondo le parole d'Isaia, «la veste di Dio».
Ne risulta che la fisiognomica è una scienza esatta. Tutto rivela l'uomo: le proporzioni e le linee del suo corpo, ogni tratto del suo viso, la sua statura, il suo modo di camminare, l'accento della sua voce, le sue parole, il suo sorriso ed i suoi atti, tutto è come lo specchio dell'essere interiore.

Ora, come c’è correlazione perfetta tra il corpo e l'anima, così la stessa correlazione esiste tra tutte le creazioni del mondo sensibile e le sfere celesti.
Il microcosmo è la traduzione e la riduzione del macrocosmo, e questa identità è ben nota ai grandi artisti. La Potenza dell'Arte ha innanzi tutto per oggetto il penetrare i simboli della natura e rappresentare mediante la perfezione della forma l'essenza imperitura degli esseri.

effetto specchio uno dei misteri del cervello

Alcuni comportamenti che, partendo dalle scoperte sulle relazioni e sulle competizioni intra ed inter-emisferiche sulla gestione delle informazioni di Flor-Henry, di Strauss e di Kosaka, egli attribuisce ad una dominanza emisferica imperfetta in soggetti malati o sani, ossia ad una dominanza temporanea, stabile o stabilizzata di strutture, aree o funzioni di quell'emisfero celebrale che abitualmente non è l'emisfero dominante per uno specifico compito.

La dominanza dell'emisfero cerebrale destro (sede dell'emotività) sull'emisfero sinistro (sede della razionalità) può dar luogo a comportamenti cognitivi incongrui quali il mirror writing, il mirror reading e il mirror speaking.

Tali comportamenti, derivanti non solo da patologie specifiche del sistema nervoso centrale, ma anche da traumi accidentali allo stesso, da interventi neurochirurgici o dal consumo di oppiacei o di alcol, hanno alla loro base un meccanismo cerebrale già noto da tempo, che fa sì che stimoli percettivi producano contemporaneamente nei due emisferi cerebrali un engramma e il suo opposto; quest'ultimo viene normalmente soppresso. In particolari condizioni, questo meccanismo di soppressione viene inibito, per cui l'opposto può farsi presente con un'immagine di solito a specchio.
Non solamente la scrittura, la lettura o il linguaggio possono acquisire comportamenti a specchio, ma anche la manipolazione di oggetti può avvenire al contrario.

L'esistenza di questo meccanismo cerebrale è provata dal fatto che se si fissa per qualche minuto una superficie rossa e si passa repentinamente ad una superficie bianca (assenza di colore), per qualche istante, prima di venire soppresso dal meccanismo d'inibizione, l'occhio vedrà il colore verde, ovvero l'opposto del rosso. Proietta all'esterno, quindi, il colore che si è formato nell'emisfero non dominante, più lento nell'adattarsi al nuovo stimolo.
Ciò che in definitiva il Dott. Cocchi sostiene è che se dunque il nostro cervello è sempre in grado di percepire l'opposto di ogni stimolo, e, in presenza di determinate patologie che inibiscono il meccanismo di soppressione dell'opposto, può produrre in certi soggetti la scrittura, la lettura o il linguaggio al contrario, ne consegue inevitabilmente che la nostra mente è certamente in grado di cogliere anche il contrario di una frase rovesciata, se disposta in sequenza adeguata, e che quindi un messaggio a ritroso è un mezzo idoneo per raggiungere la nostra psiche.

Prendiamo la frase: "Oggi sono andato a far la spesa"; se la rovescio diventa: "aseps al raf a otadna onos iggo". Ora, mentre sappiamo con sicurezza che il cervello è in grado di rovesciare le parole, non ci risulta che sia in grado di far questo con le frasi, e meno che mai con testi più lunghi. Se però la frase di prima io la sento, sia pur con le parole rovesciate, ma rispettando l'inizio e la fine della frase, in questo modo: "iggo onos otadna a raf al aseps", il cervello di destra può tranquillamente decifrarla, dovendosi solo limitare a rovesciare una per una le parole, che sono già nella sequenza giusta.

Tali studi inducono a conclusioni anche allarmanti la prima riguarda la possibilità di essere manipolati premezzo di opportuni messaggi subliminali che colti dall'emisfero destro sono memorizzati senza aver compiuto il passaggio alla coscienza, per poi ricomparire al momento opportuno anche qui senza una piena presa di carico dalla parte razionale dell'encefalo; questo dato in un mondo pieno di media può indurre ad influenzare la scelta di consumi o peggio di decisioni politiche (vedi la campagna elettorale di Obama). La seconda deve far riflettere sulla cosidette malattie psicologiche, che possono semplicemente rientrare in uno sto conflittuale della compresenza dei due emisferi.


L. Cordella, «Lateralizzazione emisferica: aspetti dinamici in ambito biologico», in Riv. Ital. Disturbo Intellet., 1991, 4, pagg. 57-71.
J. L. Bradshaw, N. C. Nettleton, K. Patterson, «Identification of mirror-reversed and non-reversed profiles in same and opposite visual fields», in J. Exp. Psychol., 1973, 99, pagg. 42-48.

dove dirigersi?

La volontà degli dei era interpretata dai sacerdoti, che avevano varie specialità: alcuni erano esperti nell'osservare i lampi, altri nel volo degli uccelli, altri ancora nell'osservare le viscere degli animali sacrificati.

La sede della vita era nel fegato e solo chi conosceva la sua esatta morfologia poteva distinguerne tutti gli aspetti normali e non e quindi poterne interpretare i sacri messaggi, che il viscere, estratto dall'animale immolato  (reso sacro), portava in sè.

Messaggi inviati non per evitare l'accadersi degli eventi, ma solo per poterne essere a conoscenza, quindi spiritualmente e moralmente pronti.

Oggi, moderni e sazi intellettualmente, ancor di più abbiamo bisogno di conoscere il fururo, pavidi piccoli essereri sedotti dal benessere fatuo della società dei beni, spaventati per un incerto futuro che ci privi dell'inutile.
E così acquistiamo beni fatui e inutili e vaghiamo spendendo denaro per ottenere quello che persumiamo essere il futuro, dimentichi che la conoscenza di ciò che è nella mente degli dei può essere ottenuta solamente con profonda fede e fatica.

Fatica dovuta all'impegno necessario per poer avere il reale campbiamento interiore, fede perchè si deve avere la certezza che spostando i propri pensieri si può effettuare il cambiamento interiore, iniziando a parlare con integrità'; affermando solo quello che intendi dire e quindi evitando di usare la parola contro te stesso e gli altri.
Il cambiamento procede non personalizzando e non presupponendo mai nulla di ciò che accade o è comunicato.
E poi se si opera facendo del prorpio meglio, ci si ama ad accettarsi e si inizia ad imparate dagli errori. Imparare dai propri errori significa praticare, guardare con onestà i risultati e continuare a praticare.

sabato 12 novembre 2011

Kamut una leggenda poco salutistica

Esiste un frumento che possiede buone proprietà nutrizionali ed è eccellente per la pastificazione, ma non è stato “risvegliato” da una tomba egizia e non è adatto ai celiaci. E' coltivato e venduto in regime di monopolio, ha un costo eccessivo, e una pesante impronta ecologica questo è il Kamut – o meglio, del Khorasan: un tipo di frumento che tra l’altro abbiamo anche in Italia.

“Kamut” non è il nome di un grano, ma un marchio commerciale, depositato che la società Kamut International ltd (K.Int.) ha posto su una varietà di frumento registrata negli Stati Uniti con la sigla QK-77, coltivata e venduta in regime di monopolio e famoso in tutto il mondo grazie ad un’operazione di marketing senza precedenti; infatti è stata ideata la leggenda che di tale grano i semi siano stati ritrovati in una tomba egizia ed inviati nel Montana, dove stati “risvegliati” e posti in coltivazione.

Il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut è coltivato negli Stati Uniti (Montana) e nel Canada (Alberta e Saskatchewan), sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, proprietaria della società K.Int.; in Italia è importato solo da aziende autorizzate e può essere macinato solo da mulini autorizzati.
Tutti i prodotti che portano il marchio sono preparati e venduti sotto licenza della K.Int e sotto il controllo della Kamut Enterprises of Europe.
Il marketing decisamente efficace che è alla base del successo del Kamut ha fatto leva su tre aspetti: la suggestiva leggenda del suo ritrovamento, l’attribuzione di eccezionali qualità nutrizionali ed una presunta compatibilità per gli intolleranti al glutine.

Il Frumento orientale o Grano grosso o Khorasan è una specie (Triticum turgidum subsp. turanicum) appartenente allo stesso gruppo genetico del frumento duro; è originario della fascia compresa tra l’Anatolia e l’Altopiano iranico (Khorasan è il nome di una regione dell’Iran); nel corso dei secoli si è diffuso sulle sponde del Mediterraneo orientale, dove in aziende di piccola scala è sopravissuto all’espansione del frumento duro e tenero.

L’invenzione commerciale del ritrovamento
Dunque, per trovare il Khorasan in Egitto non era (e non è) davvero necessario scomodare le tombe dei faraoni; senza contare che un tipo di Khorasan era (e, marginalmente ancora è) coltivato anche tra Lucania, Sannio e Abruzzo: è la Saragolla.
Tutto questo porta ariconoscere nella storia del presunto ritrovamento del Khorasan/Kamut solo una fantasiosa invenzione commerciale, eleborata per stimolare il desiderio di qualcosa di puro, antico ed esotico.

Dai dati oggi disponibili, di fonte pubblica e privata, tra gli elementi di maggiore caratterizzazione del Khorasan ci sono un elevato contenuto proteico, in generale superiore alla media dei frumenti duri e teneri, e buoni valori di beta-carotene e selenio; per le altre componenti qualitative e nutrizionali non ci sono differenze sostanziali rispetto agli altri frumenti.

Glutine: bisogna, infatti, chiarire che, come ogni frumento, il Khorasan è inadatto per l’alimentazione dei celiaci, perché contiene glutine (e non ne è né privo né povero, come, poco responsabilmente, una certa comunicazione pubblicitaria afferma o lascia intendere) e ne contiene in misura superiore a quella dei frumenti teneri ed a numerose varietà di frumento duro.
Riprtatro di seguito la presenza di glutine del Kamut ripettoil Grano duro comune

-Kamut: glutine secco 15,5%, glutine/proteine 94,5%

-Frumento duro: glutine secco 12,5%, glutine/proteine 87,5%

Detto ciò, il Khorasan è certamente un frumento rustico, con ampia dattabilità ambientale, eccellente per la pastificazione.
Se la sua coltivazione è biologica (come permette la sua rusticità e come, per i propri prodotti, assicura il disciplinare del marchio Kamut), si può dire che senz’altro è un prodotto salutare, senza però scadere in esagerazioni né in forzature incoraggiate dalla moda e dal marketing del salutismo.

Costi elevati, per il portafoglio e per il Pianeta
Restano ancora tre aspetti che gettano un’ombra sul prodotto a marchio Kamut (ma non sul Khorasan!): il monopolio commerciale imposto dalla K.Int. su un frumento tradizionale che, come tale, dovrebbe invece essere patrimonio di tutti, e più di chiunque altro delle comunità che nel tempo lo hanno conservato e tramandato; il costo eccessivo del prodotto finito (dall’80 al 200% in più di una pasta di comune grano duro biologico), che trasforma il cibo in oggetto di lusso, di gratificazione e di distinzione, e che specula sul desiderio di rassicurazione e sul bisogno di salute;

è la pesante impronta ecologica legata allo spostamento di un prodotto perlopiù coltivato dall’altra parte del Mondo che arriva sulle nostre tavole attraverso una filiera molto lunga (migliaia di chilometri), e che, solo per questo fatto, non è compatibile con la filosofia della decrescita e con l’attenzione al consumo locale, fatto se possibile a “chilometro zero”.

Fonti
www.celiachia.it
www.inran.it
www.kamut.com
www.usda.gov
http://grain.jouy.inra.fr
Composition of whole and refine meals of Kamut under southern Italian conditions
aam Terra Nuova

venerdì 4 novembre 2011

TAV altri due conti molto elementari

I costi a carico dell’Italia, per la parte di collegamento fino a Torino, secondo il dossier presentato nel 2006 all’Unione Europea ammontererebbero attorni i 17 miliardi di Euro.
Ma la documentazione presentata nel 2010, porta le previsioni dei costi a 35 miliardi di euro, a carico dell’Italia, escludendo una grande varietà di opere connesse, quale il raccordo al nodo torinese, infrastrutture per ospitare i lavoratori e decine di opere sussidiarie che un cantiere di 20 anni comporterebbe.

Ma restiamo ai 35 miliardi e vediamo che cosa potrebbe succedere, attenendoci all’esperienza italiana delle linee ad alta velocità.

Le spese della Roma-Firenze sono cresciute di 6,8 volte rispetto ai preventivi, quelle della Firenze-Bologna di 4 volte, quelle per la Milano-Torino di 5,6 volte. Stiamo parlando di dati ufficiali, ben noti, e sui quali la stessa magistratura sta cercando risposte.

Se, in base a questa esperienza scegliamo il moltiplicatore più basso, quello dell’incremento dei costi della TAV Firenze –Bologna, e moltiplichiamo per 4 le spese preventivate, i 35 miliardi diventano una cifra da fantascienza finanziaria.


Fonti
www.ilcambiamento.it/.../insostenibilita_costi_tav_torino_lione.html
www.verosimilmente.it/?m=201107

Diabete: sicuri che lo si voglia curare I parte

Ogni 10 secondi nel mondo un individuo muore per le complicanze del diabete; ad altre due è diagnosticata la malttia.

Negli ultimi 20 anni a livello mondiale la malattia è aumentato di ben sette volte e questo è il motivo che ha spinto le Nazioni Unite a definire il diabete una vera e propria epidemia.

I dati: oltre 285 milioni di persone al mondo ne sono ammalate e 344 milioni sarebbero potenzialmente a rischio di sviluppo.

Entro il 2030 – così dicono le previsioni ufficiali - i diabetici raggiungeranno l’astronomica cifra di 435 milioni di persone!

Secondo l’International Diabetes Federation (Idf), in Italia il 6% della popolazione è diabetica, il che corrisponde a circa 4.000.000 di persone!

La spesa sanitaria odierna per il diabete varia tra i 202 e i 422 miliardi di dollari all’anno, e potrebbe, entro il 2025, superare il tetto dei 559 miliardi di dollari.

A questo punto sorge spontanea una domanda: con cifre a undici zeri annuali, è possibile che le lobbies del farmaco vogliano ralmente curare il diabete?


segue...

giovedì 27 ottobre 2011

Diete o stile di vita?

Gran parte della scienza di molti nutrizionisti si riconduce al concetto: "Se vuoi dimagrire devi ridurre il quantitativo calorico e incrementare l'attività fisica". Immediatamente scatta la condanna per i grassi per i carboidrati e l'assoluzione le proteine.
Si parlerà di dieta bilanciata, di controllo dell'indice glicemico, di squilibri ormonali, della predisposizione genetica ecc.

Quel che so io in merito alle diete è che la maggior parte delle persone obese ha un metabolismo lento; chi invece ha un metabolismo veloce può mangiare moltissimo senza ingrassare. In realtà la predisposizione genetica conta poco o quasi nulla: se non si mangia si diventa magri come chiodi.
Un esempio? Nei campi di concentramento tedeschi nessuno era grasso.

Il meccanismo è semplice: se un organismo ha bisogno di un quantitativo di sostanza uguale a cento e ne introduce centoventi i venti in eccesso si depositano; se invece se ne introduce ottanta i venti mancanti vengono sottratti all'organismo stesso.
Se si osservano gli animali nel loro ambiente naturale, eccetto situazioni di siccità, si nota che nessuno di essi è obeso, né troppo magro, semplicemente perché si nutrono con alimenti compatibili con la loro specie.

Nel corpo vi sono organi preposti alla combustione del carburante ed è probabile che alcuni di questi non funzionino a dovere: la tiroide, il pancreas, l'intestino, il colon. La maggior parte delle persone in soprappeso ha la tiroide ipoattiva.
Una spiegazione plausibile potrebbe essere l'introito di fluoruri contenenti nell'acqua potabile o di una disfunzione del pancreas.
Le persone grasse sembra che secernino insulina più delle persone magre. Anche gli additivi degli alimenti risultato imputati nell'obesità.

La maggior parte delle persone in soprappeso:

- ha il fegato malfunzionante. Tra le cause principali l'assunzione abituale di farmaci, il cloro, i fluoruri, gli additivi lo zucchero raffinato, la farina bianca, il glutammato monosodico e i conservanti.

- soffre di pigrizia dell'apparato digerente e produce pochi enzimi digestivi, quindi difficoltà di convertire il cibo in energia con maggiore probabilità di essere trasformato in grasso. Questo potrebbe dipendere dalla candida, per colpa degli antibiotici. Un'altra ragione è la presenza negli alimenti di additivi alimentari che accrescono l'appetito;

- soffre di squilibri ormonali, che di solito dipendono da intossicazione o carenza di moto. La mancanza di moto riduce drasticamente il ritmo metabolico.
Le tossine si annidano nel colon e nelle zone di grasso. Quando il quantitativo di tossine è elevato l'organismo cerca di diluirle trattenendo l'acqua e aumentando le riserve di grasso nel tentativo di ridurre la concentrazione di sostanze pericolose;

- subisce gli effetti dell'ormone della crescita presente nelle carni e nei latticini che gli allevatori somministrano agli animali perché crescano più in fretta.

-ha scarsa attività della tiroide; l'ingestione di fluoro in eccesso interferisce con il corretto funzionamento della tiroide generando ipotiroidismo: questo rallenta il metabolismo e favorisce l'obesità.

Occorre rammentare che lo scopo dell'industria alimentare è che i cibi inducano dipendenza, aumentino l'appetito e facciano ingrassare.
Gli additivi che servono prevalentemente a tale scopo sono l'aspartame e lo sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio che fa ingrassare e crea dipendenza.
Il glutammato monosodico (onnipresente nei cibi da fast food) è un additivo neurotossico che fa ingrassare, favorisce la depressione, produce disturbi di ogni tipo.
Le farine bianche, raffinate e sbiancate (va ricordato che mischiate all'acqua servono a fare la colla), ricavate con procedimenti di raffinazione chimica: sono prive di fibra e di valore nutritivo. Il problema degli additivi alimentari è che presi singolarmente potrebbero non avere effetti molto gravi ma combinati si sommano e danno origine a nuovi composti chimici dannosi.
Centinaia di sostanze chimiche in etichetta passano sotto il nome di spezie. Si stima che almeno il 95% degli alimenti sul mercato contenga almeno 300 additivi non elencati in etichetta e che 15.000 diverse sostanze chimiche sono aggiunte negli alimenti senza l'obbligo di essere riportati in etichetta.
Infine i grassi idrogenati sono annoverati tra le cause dell'obesità e possono causare ostruzioni arteriose, cardiopatie, ictus e morte.

Oggi in fatto di diete i nutrizionisti sono in grado di proporre una per ogni esigenza. Diete che fanno sparire il grasso, che saziano la fame delle cellule e che alleggeriscono il corpo di alcuni chili di peso, ma i tanti veleni che prima si trovavano protetti e diluiti e resi inoffensivi in mezzo alla sostanza oleosa, si ritrovano poi concentrati e attivi con tutta la loro enorme forza aggressiva, pronti a colpire un organismo ormai intossicato dai medesimi: veleni che prima convivevano coi grassi ma che dopo diventano una vera e propria mina vagante, un ordigno biologico pronto a deflagrare e a distruggere il corpo dimagrito e senza più barriere protettive interne.

L'unica soluzione ragionevole e possibile è quella di convincere se stessi delle necessità vitali di più giusti e salutari stili di vita. E' assurdo pretendere di imbottirsi di veleni per 30 anni e pensare poi di disintossicarsi ed espellere i cumuli di grasso in 30 giorni di dieta. La sola cosa logica da fare per l'eliminazione del grasso di deposito in eccesso e, soprattutto, i veleni che lo accompagnano è:

- cambio radicale del proprio stile di vita;

- adozione di una ricca e variata dieta con prealenza di vegetali e la carne poco cotta (o anche cruda), senza il ricorso ad alcun farmaco e ad alcun integratore alimentare;
- serenità di spirito, pratiche tipo yoga;

- attività fisiche rigenerative, ginnastica, nuoto, bicicletta e attività artistiche varie.

Fonti
www.nadironlus.org/download/alimentazionestilidivita.pdf
www.luigiboschi.it

sabato 27 agosto 2011

Il pericoloso uso degi antibiotici negli allevamenti

Il quotidiano “The Independent” ha riportato che negli ultimi dieci anni tra gli agricoltori del Regno Unito è fortemente aumentato l'uso di antibiotici, con la conseguenza che si creano ceppi di batteri resistenti e quindi di difficile cura.


Negli ultimi dieci anni è aumentato fino a un massimo di otto volte l’utilizzo negli allevamenti di tre classi di antibiotici ritenuti dall’OMS "di notevole importanza per la salute umana": le cefalosporine, i macrolidi e fluourochinoloni.


Gli esperti dicono che l'allevamento intensivo, che alleva migliaia di animali in condizioni disumane per soddifare la bramosiai delle grandi catene di supermercati, necessita sempre di una quantità maggiore di antibiotici per far crescere più animali. Il mese scorso, gli scienziati britannici hanno identificato un nuovo tipo di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina. Anche se questo organismo può essere distrutto con la pastorizzazione, si teme che possa diffondersi dai bovini agli esseri umani.


I geni resistenti che fanno parte del corredo del ceppo tossico di E. coli possono trasferirsi ai ceppi residenti nell’uomo. La Germania è stata lo scorso mese il centro di diffusione di un virulento ceppo di E. coli resistente agli antibiotici, che ha ucciso 39 persone e ne ha causato il ricovero di altre 3300: anche la sua propagazione è stata attribuita a un uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti. Questo sviluppo sottolinea la minaccia globale portata dalla diffusione di organismi che non rispondono ai farmaci attualmente in uso.


Secondo i dati dell'OMS si stima che nell’Unione Europea ogni anno muoiano circa 25.000 persone a causa di infezioni batteriche che sono resistenti agli antibiotici. Gli ultimi numeri rilasciati dall’Health Protection Agency britannica mostrano un forte aumento dei batteri resistenti ai carbapenemici, un nuovo tipo di antibiotico potente, tanto da essere diventato un "problema globale di salute pubblica".


Nel 2011 sono stati identificati fino a maggio 657 casi, una cifra doppia del totale del 2010. Alcuni pazienti hanno contratto una setticemia mortale. L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) e gruppi si scienziati indipendenti hanno messo in guardia sulla connessione tra l'uso delle moderne cefalosporine e l'incidenza di Methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA); Mark Holmes, docente di medicina veterinaria presso l'Università di Cambridge che ha guidato la ricerca sul nuovo tipo di MRSA, ha dichiarato: "Le cefalosporine sono tra gli antibiotici più efficienti e moderni e sono molto usati negli animali da allevamento. Forse dovremmo tornare a usarle solamente per gli esseri umani.''


La Norvegia, la Danimarca e la Svezia stanno introducendo normative severe sull'uso di antibiotici negli animali da allevamento, che richiederanno una diagnosi specifica da effettuare con prove di laboratorio per dimostrare quale tipo di antibiotico sia necessario. Ma in Gran Bretagna questi farmaci sono comunemente usati per evitare la mastite ai bovini, un'infezione della mammella che si verifica più frequentemente negli animali munti in modo eccessivo. Secondo le parole di Holmes: "Siamo l'unico paese dell'Unione Europea che consente alle aziende farmaceutiche di vendere antibiotici direttamente agli agricoltori. Penso che sia ragionevole aspettarsi che le autorità debbano limitarne la vendita alle persone. Ci sono 18.000 i produttori di latte e molti a malapena riescono a guadagnarsi da vivere; per questo, andare da loro e dirgli di smettere di utilizzare gli antibiotici è ridicolo. Le autorità dovrebbero essere pronte a intervenire e dovrebbero trovare il modo migliore per proteggere gli allevamenti dai ceppi resistenti agli antibiotici." ”Soil Association” ha ''chiesto'' di porre fine all'uso routinario degli antibiotici negli allevamenti da latte e l'introduzione di test completi dell’MRSA per gli animali da allevamento, per i lavoratori agricoli, per il latte e la carne.


Gli scienziati hanno allertato sulla resistenza agli antibiotici da decenni, ma il problema si è acutizzato da quando ci si è accorti che la ricerca non riesce a produrre molecole di antibiotico a largo spetto, l'ultoma molecola scoperta (cefalosporina) è oramai vecchia di decenni. Sopertutto nelgli ospedali questo dato allarma in quanto ogni insorgere di infezione pst operatoria è di difficile gestione e rischia di propagare piccole epidemie interne. Il Clostridium difficile, il batterio che determina la diarrea da antibiotico, che fino a 15 anni fa non rappresentava un problme e che era tamponato colla somministrazione di fermenti vivi adesso è causa di epidemie ospedaliere. Un progetto di legge è stato presentato giovedì nel Senato USA per incoraggiare lo sviluppo di nuovi antibiotici contro le infezioni che resistono ai farmaci esistenti.
Fonti essenziali


http://www.soilassociation.org/


http://www.hpa.org.uk/


http://www.cbsnews.com/stories/2010/06/28/health/main6626710.shtml http://www.princeton.edu/~greening/downloads/antibiotic_table_tent1.pdf

domenica 21 agosto 2011

oggi al bar ho sfogliato un noto giornale rosa, ho letto una notizia in prima pagina che ripoto im immagine (con buona pace del copyright) in quanto non è riassumibile a parole.




Il deficit sanitario della regione liguria nel primo trimestre 2011 è di 165 milioni di euro.

Forse la cura ai deficit sarebbe avere un po' più di morale.

E non venitemi a dire che quaella calcistica è una società privata che coi soldi privati fa quello che vuole; un minimo, dico solo un minimo di decenza sarebbe auspicabile quando si parla, poi di migliaia di posti a rischio nel solo mese di settembre prossimo venturo.



Alcune fonti


http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2011/04/28/AOrFU2P-ticket_ospedale_montaldo.shtml

http://www.inail.it/repository/ContentManagement/information/P1540216585/12FTYN.pdf

http://www.ansa.it/web/notizie/collection/rubriche_economia/08/20/visualizza_new.html_753746404.html

sabato 23 luglio 2011

default USA sempre più prossimo



Le negoziazioni sul piano di riduzione del deficit e del debito si rompono. E lo spettro del default si fa reale con la scadenza del 2 agosto che si avvicina.




Ricordiamo cosa è il default: è l'incapacità tecnica di un'emittente di rispettare le clausole contrattuali previste dal regolamento del finanziamento; può essere formale o sostanziale:
Formale, laddove un'emittente non rispetti determinati indici di copertura o patrimoniali tali per cui il prestito potrebbe subire una significativa modifica del proprio merito di credito;
Sostanziale allorché un'emittente non sia materialmente in grado di corrispondere le rate di interesse o di rimborso del capitale alla naturale scadenza di ciascuna.




Tornando alla notizia, lo speaker della Camera John Boehner abbandona il tavolo e il presidente Barack Obama, pur dicendosi fiducioso che un default non ci sara', apre alla possibilita' e avvia contatti con il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, che venerdi' si e' incontrato con il presidente della Fed, Ben Bernanke, per discutere l'impatto di un possibile default sull'economia e valutare piani di emergenza. Il presidente ''non vuole fare quello che e' necessario per risolvere i nostri problemi'' attacca Boehner. ''Ho offerto un piano straordinariamente giusto con oltre 1.000 miliardi di dollari di tagli.




Il deficit degli stati uniti dopo l’11 settembre è esploso a causa delle spese militari per le guerre in Iraq e in Afghanistan. Oggi ha largamente superato i 14.000 miliardi.
L’eventuale default del Governo distruggerebbe il sistema creditizio per come lo conosciamo noi. I fondamentali tassi d'interesse di riferimento nei moderni mercati finanziari sono i cosiddetti tassi "risk-free" sui titoli di Stato. Rimuovere questo pilastro dal sistema – o creare un alto grado di rischio sui buoni del Tesoro americani – manderebbe in tilt molti contratti privati e ogni sorta di transazione. D'altra parte, molte persone e aziende detengono il loro "rainy day money" (il "denaro per i giorni di pioggia", messo da parte per le emergenze) sottoforma di buoni del Tesoro americano.



Peraltro, le ultime aste dei titoli sono ormai surreali. I titoli si stanno trasformando in carta straccia. La Fed, la banca centrale americana, infatti, acquista il 70% dei titoli emessi dal Tesoro. Si stampano i titoli e se li comprano. Farebbero prima a venderne solo il 30%. Gli Stati Uniti, per continuare a vivere, hanno bisogno di chiedere in prestito ogni giorno 4,5 miliardi di dollari



I fondi del mercato monetario, percepiti come i più sicuri, sono infatti quelli che detengono solo debito pubblico americano. Se il Governo andrà in default, tuttavia, questi fondi scenderanno al di sotto dell'unità e non saranno in grado di mantenere il valore del capitale da rimborsare.
Ne risulterebbe una fuga di capitali - ma diretta dove? Molte banche dovrebbero fare i conti con un problema simile: i loro bilanci verrebbero distrutti da un collasso dei prezzi relativi ai titoli di Stato americani (che rappresenta una forza opposta all'incremento dei tassi di interesse, dal momento che i prezzi delle obbligazioni e i tassi d'interesse si muovono in direzione opposta). Non vi è azienda negli Usa che non sarebbe colpita da un default del Governo - e non vi sarebbe banca o altra istituzione finanziaria in grado di fornire un porto sicuro per i risparmi. Si scatenerebbe una massiccia corsa agli sportelli, a livelli mai visti dalla Grande Depressione, con lunghissime code di risparmiatori che cercano di ritirare più risparmi possibili.



Inoltre, il credito privato scomparirebbe dal sistema economico americano, mettendo la Federal Reserve di fronte a una dura scelta.



Potrebbe subentrare e fornire un'enorme quantità di credito direttamente alle famiglie e alle imprese (come fece Gosbank, la banca centrale dell'Unione Sovietica), oppure stare a guardare mentre il Pil scende del 20-30% - è questa la portata del declino a cui abbiamo assistito nelle moderne economie in seguito a un prosciugamento del credito. Con il settore privato in caduta libera, i consumi e gli investimenti subirebbero un netto calo.



L'abilità dell'America di esportare sarebbe altresì fortemente compromessa, dal momento che sarebbero coinvolti anche i mercati esteri e perché, in ogni caso, se le società di export non ottenessero credito, con tutta probabilità non farebbero produzione.

lunedì 18 luglio 2011

19 Luglio: diciannove anni fa

E' il giorno della memoria.


Diciannove anni un attentato in via D'Amelio uccideva il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta.


Per ricordarLo riprorto la Sua ultima lettera scritta proprio qual maledetto giorno.



"Gentilissima" Professoressa,


uso le virgolette perchè le ha usato lei nello scrivermi, non so se per sottolineare qualcosa e "pentito" mi dichiaro dispiaciutissimo per il disappunto che ho causato agli studenti del suo liceo per la mia mancata presenza all'incontro di Venerdì 24 gennaio. Intanto vorrei assicurarla che non mi sono affatto trincerato dietro un compiacente centralino telefonico (suppongo quello della Procura di Marsala) non foss'altro perchè a quell'epoca ero stato già applicato per quasi tutta la settimana alla Procura della Repubblica presso il Trib. di Palermo, ove poi da pochi giorni mi sono definitivamente insediato come Procuratore Aggiunto.

Se le sue telefonate sono state dirette a Marsala non mi meraviglio che non mi abbia mai trovato. Comunque il mio numero di telefono presso la Procura di Palermo è 091/******, utenza alla quale rispondo direttamente.

Se ben ricordo, inoltre, in quei giorni mi sono recato per ben due volte a Roma nella stessa settimana e, nell'intervallo, mi sono trattenuto ad Agrigento per le indagini conseguenti alla faida mafiosa di Palma di Montechiaro.Ricordo sicuramente che nel gennaio scorso il dr.

Vento del Pungolo di Trapani mi parlò della vostra iniziativa per assicurarsi la mia disponibilità, che diedi in linea di massima, pur rappresentandogli le tragiche condizioni di lavoro che mi affligevano. Mi preanunciò che sarei stato contattato da un Preside del quale mi fece anche il nome, che non ricordo, e da allora non ho più sentito nessuno. Il 24 gennaio poi, essendo ritornato ad Agrigento, colà qualcuno mi disse di aver sentito alla radio che quel giorno ero a Padova e mi domandò quale mezzo avessi usato per rientrare in Sicilia tanto repentinamente. Capii che era stato "comunque" preannunciata la mia presenza al Vostro convegno, ma mi creda non ebbi proprio il tempo di dolermene perchè i miei impegni sono tanti e così incalzanti che raramente ci si può occupare di altro.S

pero che la prossima volta Lei sarà così gentile da contattarmi personalmente e non affidarsi ad intermediari di sorta o a telefoni sbagliati.

Oggi non è certo il giorno più adatto per risponderle perchè frattanto la mia città si è di nuovo barbaramente insanguinata ed io non ho tempo da dedicare neanche ai miei figli, che vedo raramente perchè dormono quando esco da casa ed al mio rientro, quasi sempre in ore notturne, li trovo nuovamente addormentati.

Ma è la prima domenica, dopo almeno tre mesi, che mi sono imposto di non lavorare e non ho difficoltà a rispondere, però in modo telegrafico, alle Sue domande.

1) Sono diventato giudice perchè nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l'idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribilie per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non appagabile con la carriera universitaria per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso.Fui fortunato e divenni magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il meglio di me stesso. E' vero che nel 1975 per rientrare a Palermo, ove ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all'Ufficio Istruzione Processi Penali, ma otteni l'applicazione, anche se saltuaria, ad una sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche dei diritti reali, delle dispute legali, delle divisioni erediatarie etc.

Il 4 maggio 1980 uccisero il Capitano Emanuele Basile ed il Comm. Chinnici volle che mi occupassi io dell'istruzione del relativo procedimento. Nel mio stesso ufficio frattanto era approdato, provenendo anche egli dal civile, il mio amico di infanzia Giovani Falcone e sin dall'ora capii che il mio lavoro doveva essere un altro.Avevo scelto di rimanere in Sicilia ed a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo esclusivamente occuparmi.Non ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressocchè esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perchè vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarantanni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta.

2) La DIA è un organismo investigativo formato da elementi dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza e la sua istituzione si propone di realizzare il coordinamento fra queste tre strutture investigative, che fino ad ora, con lodevoli ma scarse eccezioni, hanno agito senza assicurare un reciproco scambio di informazioni ed una auspicabile, razionale divisione dei compiti loro istituzionalmente affidati in modo promiscuo e non codificato.

La DNA invece è una nuova struttura giuridica che tende ad assicurare soprattutto una circolazione delle informazioni fra i vari organi del Pubblico Ministero distribuiti tra le numerose circoscrizioni territoriali.Sino ad ora questi organi hano agito in assoluta indipendenza ed autonomia l'uno dall'altro (indipendenza ed autonomia che rimangono nonostante la nuova figura del Superprocuratore) ma anche in condizioni di piena separazione, ignorando nella maggior parte dei casi il lavoro e le risultanze investigative e processuali degli altri organi anche confinanti, e senza che vi fosse una struttura sovrapposta delegata ad assicurare il necessario coordinamento e ad intervenire tempestivamente con propri mezzi e proprio personale giudiziario nel caso in cui se ne ravvisi la necessità.

3) La mafia (Cosa Nostra) è una organizzazione criminale, unitaria e verticisticamente strutturata, che si contraddistingue da ogni altra per la sua caratteristica di "territorialità". Essa e suddivisa in "famiglie", collegate tra loro per la comune dipendenza da una direzione comune (Cupola), che tendono ad esercitare sul territorio la stessa sovranità che su esso esercita, deve esercitare, leggittimamente, lo Stato.Ciò comporta che Cosa Nostra tende ad appropriarsi delle ricchezze che si producono o affluiscono sul territorio principalmente con l'imposizione di tangenti (paragonabili alle esazioni fiscali dello Stato) e con l'accaparramento degli appalti pubblici, fornendo nel contempo una serie di servizi apparenti rassembrabili a quelli di giustizia, ordine pubblico, lavoro etc, che dovrebbero essere forniti esclusivamente dallo Stato.

E' naturalmente una fornitura apparente perchè a somma algebrica zero, nel senso che ogni esigenza di giustizia è soddisfatta dalla mafia mediante una corrispondente ingiustizia. Nel senso che la tutela dalle altre forme di criminalità (storicamente soprattutto dal terrorismo) è fornita attraverso l'imposizione di altra e più grave forma di criminalità. Nel senso che il lavoro è assicurato a taluni (pochi) togliendolo ad altri (molti).

La produzione ed il commercio della droga, che pur hanno fornito Cosa Nostra di mezzi economici prima impensabili, sono accidenti di questo sistema criminale e non necessari alla sua perpetuazione.Il conflitto inevitabile con lo Stato, con cui Cosa Nostra è in sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si attribuiscono le stesse funzioni) è risolto condizionando lo Stato dall'interno, cioè con le infiltrazioni negli organi pubblici che tendono a condizionare la volontà di questi perchè venga indirizzata verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di quelli di tutta la comunità sociale.

Alle altre organizzazioni criminali di tipo mafioso (camorra, "ndrangheta", Sacra Corona Unita etc.) difetta la caratteristica della unitarietà ed esclusività. Sono organizzazioni criminali che agiscono con le stesse caratteristiche di sopraffazione e violenza di Cosa Nostra. ma non hanno l'organizzazione verticistica ed unitaria. Usufruiscono inoltre in forma minore del "consenso" di cui Cosa Nostra si avvale per accreditarsi come istituzione alternativa allo Stato, che tuttavia con gli organi di questo tende a confondersi.

giovedì 7 luglio 2011

Rating e Stati Sovrani




Ultimamente i media comunicano con insistenza e con toni drammatici l’andamento della valutazione di stati Sovrani espresse dalle note Agenzie di Rating.

Prima di addentrarci nello spinoso discorso sull’eticità che una Nazione sia non solo valutata da un’agenzia privata (che trae lucro dall’aver espresso un giudizio), ma che abbia il suo futuro condizionato pubblicamente da tale valutazione, vorrei comprendere insieme ai Lettori cosa è il “RATING” e cosa sono le Agenzie di Rating.

Il rating è una misura qualitativa attribuita ad un'emittente (soggetto che offre i propri titoli ai sottoscrittori, rendendosi garante degli obblighi derivanti dalla particolare categoria di appartenenza degli stessi).
Esistono due tipi di rating.

Il rating classico, quello definito di "merito creditizio", nasce per misurare la solidità finanziaria ed economica di un'emittente. Le misure classiche, partono dalla tripla A (AAA) come misura di massima solidità, sino alla B o alla C.

Il rating etico è anch’esso una misura, però nasce per fornire un livello qualitativo dell’emittente in riferimento ad altre questioni, diverse dalle dimensioni finanziarie. Si tratta di una evoluzione operativa, nata nel mondo della finanza, della dottrina della Responsabilità Sociale dell’Impresa (CSR).

Il rating è dichiarato attraverso un voto in lettere, in base al quale il mercato fissa un premio per il rischio da richiedere all'azienda per accettare quel determinato investimento.
Scendendo nel rating aumenta il premio per il rischio richiesto e quindi l'emittente deve pagare uno spread maggiore rispetto al tasso risk-free.

I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, le principali sono Moody's Standard & Poor's, e Fitch Ratings.

Come si ottiene la valutazione del rating? Per avere un rating, una società deve indirizzare una richiesta precisa a una delle agenzie di rating.
Il servizio è a pagamento.
Ottenuto l'incarico, l'agenzia intraprende l’analisi. L'analista delegato raccoglie informazioni pubbliche (ad esempio, i bilanci), analizza i fondamentali economici e finanziari, incontra i manager per ottenere tutte i rapporti necessari. Solo dopo questa esame è possibile esprimere un voto sull'affidabilità creditizia della società che ha richiesto il rating.

Una volta notificato il rating alla società che ha voluto farsi valutare, si passa alla pubblicazione. La società può chiedere che il rating non venga pubblicato: in tal caso resterà riservato e non di pubblico dominio. In caso di pubblicazione, invece, il rating diventa noto al mercato. Da questo momento in poi l'agenzia di valutazione tiene sotto monitoraggio il rating, per vautare eventuali promozioni o declassamenti.
Un declassamento del rating di aziende o soggetti pubblici particolarmente gravati di debiti, ha l’effetto a breve termine di causare un rialzo degli interessi applicati ai prestiti in corso, e quindi un aumento degli oneri finanziari. Il debitore potrebbe cedere beni immobili e mobili di sua proprietà a prezzi di realizzo, per evitare un inasprimento del rating.

La maggior fonte di finanziamento dei costosi studi che portano a valutare il rating sono le stesse società emittenti oggetto dell'indagine e singoli investitori con molta liquidità. In questi casi, è palese un conflitto d'interessi
Una prima gamma di conflitto di interesse riguarda i soggetti che pubblicano i rating e nel contempo svolgono attività di banca di investimenti, questo potrebbe essere utilizzato nell'interesse della banca ovvero dei clienti per attività speculative in Borsa, o per l'acquisizione di asset a prezzi di realizzo.

Inserisco qui una nota che in principio potrà sembrare non pertinente: il principale ente che “collabora” con una delle agenzie: Moody’s, e la Banca Goldman Sachs, una delle più importanti Banche finanziarie d’America.

Negli anni '80 la banca diviene consulente di molti governi intenti a cominciare i processi di privatizzazione di molte aziende statali, e sempre in quegli anni acquisisce la J. Aron & Company per potenziare la propria presenza sul mercato delle materie prime.
Nel 1986 viene quotata anche a Londra e a Tokyo e nel contempo gestisce la quotazione in borsa di Microsoft e assiste General Electric nell'acquisizione di RCA.

Sin qui un po’ di nozioni di finanza.

Ma iniziamo a entrare nella storia più recente intorno agli anni Settanta il finanziamento del debito pubblico ha cominciato ad avvenire in modo consistente sui mercati internazionali.
Da sempre il finanziamento avveniva con l’emissione di valuta (da cui era essenziale l’intermediazione delle banche per non creare una spinta inflazionistica), ma poi si è passati alla produzione dei cosidetti bond, inseriti sempre più nel mercato finanziario internazionale, comprate e vendute da vaste categorie di investitori.

L’essere esposti implica la possibilità di giudizio, il giudizio (se positivo) incrementa la stima ed ecco che certi governi di stati “forti” o potenti hanno chiesto tale valutazione
Qual è la conseguenza? Che le tre Agenzie lentamente sono divenute di fatto la massima autorità nel giudicare gli Stati sovrani, misurano la fiducia che bisogna avere nella loro capacità di ripagare i debiti.
Pochi sanno cosa accade "in cucina", finché le e-mail segrete e le confessioni degli ex manager pentiti hanno reso pubblico un panorama di incompetenza, collusione, conflitti d'interessi.

Il loro potere è enorme: un declassamento del voto di solvibilità di uno Stato, muta la sensazione di rischio degli investitori che di conseguenza pretenderanno profitti più alti sui titoli per controbilanciare la minore fiducia.
Più alti tassi manifesta un aggravamento dei conti pubblici, di conseguenza tagli ai servizi sociali o aumento delle imposte. L'intera agenda politica di un governo, e il consenso dell'opinione pubblica, subiscono effetti profondi dai rating.

La risultato e’ che il rating di uno Stato Sovrano dipende in misura maggiore dall’analisi della politica economica piuttosto che dall’uso di complicati modelli econometrici. Cosicche’ la valutazione viene influenzata dal giudizio di analisti in merito alla stabilita’ del sistema politico e dell’attività pubblica e privata dei politici, e dall’analisi delle potenziali prospettive delle esportazioni della nazione.
Le agenzie di rating quotano il valore di credito di uno Stato emittente condizionando, quindi, indirettamente la valuta dell’area economica oggetto del rating.
I mercati reagiscono non solo ad eventuali promozioni o bocciature, ma anche ai credit watch, warning e revisioni della prospettiva sul debito sovrano.

Una dequalificazione non indica l'anticamera della bancarotta. Ma quasi meccanicamente fa alzare i rendimenti necessari per disporre Buoni del Tesoro sulla piazza.
Quindi accresce il costo del debito pubblico, in una situazione già delicata per gli equilibri di bilancio.
Chi mai ha dato questo potere smisurato alle agenzie di rating? In sintesi i governi stessi. Sorprendente, no?.

Adesso che ci si è reso conto di aver creato un "mostro", non è facile tornare indietro. Tutti sono alla mercè dei rating; per esempio il Procuratore generale della California Jerry Brown accusa Moody's di "distruggere questo Stato". A New York la minaccia di un declassamento da parte di Moody's costringe il governatore a licenziare insegnanti e tagliare fondi agli ospedali. Nel maggio 2009 la minaccia che Standard&Poor's tolga una "a" alla Gran Bretagna, ha fatto precipitare del 3% in poche ore la Borsa di Londra.

Sia Moody's che Standard&Poor's sono dunque un oligopolio che accumula profitti grazie al ruolo di arbitri tale profitto è gestito dalla Banca Goldman Sachs, che non solo cura gli interessi delle su citate agenzie, ma entra in modo importante nella gestione di Titoli di stato di numerose Nazioni.
Sfrutto l’occasione per fare un escursus su“dipendenti” della Banca Goldman Sachs passati alla funzione pubblica di una nazione: l’Italia.
• Romano Prodi, da consulente Goldman Sachs a Presidente del Consiglio in Italia
• Mario Draghi, da Vicepresidente Goldman Sachs a Governatore della Banca d'Italia
• Mario Monti, dalla Commissione Europea sulla concorrenza alla Goldman Sachs
• Massimo Tononi, dalla Goldman Sachs di Londra a sottosegretario all'Economia nel governo Prodi del 2006
• Gianni Letta, membro dell'Advisory Board di GS è nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo Berlusconi (2008)
Oramai il mondo è regolato esclusivamente dai principi di mercato ed è in base a questi stessi principi che i governanti oggi, invece di chiedersi in che cosa il sistema sia sbagliato e cominciare a cambiarlo, insistono nell’esortare i cittadini a spendere in funzione del mercato, annientando così perfino quel buon senso che di solito guida l’uomo intuitivamente verso la salvezza prima di cadere nell’abisso.
Una nazione quindi non è più sovrana perchè innestato un ciclo ci controllo questo non si può più interrompere. L’Europa è ancora più fragile in quanto giovane, discoesa e appetibile a grandi speculazioni.
Come noto le conclusioni no le voglio trarre, mi piace far riflettere.





SCALE DI VALUTAZIONE RATING





Standard & Poor's
AAA Elevata capacità di ripagare il debito
AA Alta capacità di pagare il debito
A Solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse
BBB Adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare
BB, B Debito prevalentemente speculativo
CCC, CC Debito altamente speculativo
D Società insolvente





Moody's





Aaa Livello minimo di rischio
Aa Debito di alta qualità
A Debito di buona qualità ma soggetto a rischio futuro
Baa Grado di protezione medio
Ba Debito con un certo rischio speculativo
B Debito con bassa probabilità di ripagamento
Caa, Ca, C Società insolvente





Fonti essenziali




mercoledì 6 luglio 2011

TAV il mio pensiero



Una veloce e spero neutra disamina sulla situazione per rendere meno “ignoranti” i lettori.

E’ noto che la Valle di Susa ospita la linea ferroviaria internazionale del Frejus il cui binario di salita è stato terminato solo nel 1984, sede sempre, di lavori di ampliamento ed ammodernamento.
Sino al 2000 è stata la seconda ferrovia come volume di traffico con l’estero, poi ha cominciato a calare ed a perdere posizioni. I lavori effettuati tra il 2002 ed il dicembre 2010 l’hanno riportata ai migliori livelli di funzionalità tra i tunnel ferroviari esistenti, ma nella tratta alpina è stata comunque utilizzata mediamente per meno di un quarto della sua capacità.

Una grande opera o è fortemente utile o è fortemente dannosa, perché richiede investimenti che vengono sottratti ad altri capitoli di spesa e perché ha un forte impatto sul territorio che la ospita. La questione fondamentale del progetto della nuova linea ferroviaria Lione-Torino, che è anche la più costosa opera pubblica mai progettata in Italia, è la sua inutilità, perché le ipotesi di traffico su cui si basa sono state smentite dalla realtà dei fatti, che mostrano una inarrestabile caduta dei movimenti di merci e di passeggeri sulla sua direttrice.
Infatti al traforo del Frejus, il traffico merci della ferrovia esistente è sceso nel 2009 a 2,4 milioni di tonnellate.
Si tratta di poco più di un decimo del traffico di 20 MT che erano previsti all’orizzonte del 2010, dalla dichiarazione di Modane dei ministri dei trasporti italiano e francese. La caduta dei traffici ha spinto l’Austria a mettere una moratoria di cinque anni sul progetto del traforo ferroviario del Brennero i cui lavori dovevano iniziare nel 2011.
E’ la premessa ad una sua definitiva cancellazione, perché negli ambienti governativi non ci si fa illusione su un miglioramento della situazione e gli investimenti sono stati indirizzati su opere minori.
Se ci si è fermati sulla direttrice del Brennero dove, all’interno del traffico totale, il transito internazionale è di 39 MT, come si può continuare su quella del Frejus, dove il transito è di soli 2.5 MT?

Importante è anche riflettere sulla situazione economica del progetto: al gennaio 2006, il costo totale era stimato di 13,950 miliardi di euro con un aumento valutati il 33% della cifra totale.
Il 63%, di questa cifra, che è a carico dell’Italia, corrisponde a 8,8 miliardi che, sommati ai 2 miliardi di euro di opere tecnologiche, fa un totale di 10,8 miliardi di euro; ciò vuol dire che un Km di ferrovia costa ad oggi 250 milioni di euro.
Ancora considerimo il lato occupazionale: ad agosto 2010 si stimava una occupazione media di 1020 unità lavorative su una durata media di 7 anni. Stimando corretta la previsione di spesa ciò significa che ogni adetto ai lavori costerà di 9 milioni di euro in 7 anni di lavori. L’economista Marco Ponti, insieme ad altri, ha calcolato che sulla base dei soli preventivi esistenti, la Torino-Lione costerà 1300 euro per ogni famiglia media italiana di quattro persone.
Le previsione di sviluppo. Un progetto analogo la cosidetta Autostrada ferroviaria con i Modalohr è stata un completo fallimento: i TIR completi, per cui è stata costruita, sono solo una piccola quota dei ridottissimi traffici che riesce a catturare. Il resto sono semirimorchi di merci pericolose che viaggiavano sulla ferrovia già da prima, con due treni che sono stati soppressi per darle spazio. Tutto compreso, l’A.F.A. ha trasportato 15- 17.000 mezzi all’anno: contro gli 800.000 che passavano nel tunnel autostradale del Frejus. Il che vuol dire che è riuscita ad assorbire solo il 2% del traffico su strada anche nelle condizioni più agevolate; ma il fallimento è soprattutto nel deficit di gestione: nei primi sei anni, i due stati hanno versato 45,5 milioni di euro ciascuno. Questo importo, sommato al deficit di bilancio e diviso per 15.000 - 17.000 viaggi all’anno, dà un deficit di 1.000 euro a carico delle finanze pubbliche per ogni viaggio di camion sulla Autostrada Ferroviaria, in aggiunta ai circa 300 euro che paga l’autista.

Come si è progettata l’infrastruttura: la stazione internazionale di Susa non avrà la connessione con la linea attuale, ed a Chiusa di San Michele, 20 km più a valle, esisterà una interconnessione tra le due linee, ma senza stazione. Ovviamente, a Saint-Jean-de-Maurienne, sul lato francese, la stazione coincide con l’interconnessione per consentire un proseguimento dei treni o l’immediato passaggio da uno all’altro
Ma la Val di susa è un territorio depresso o non utilizzato economicamente? No perchè è stata per 40 anni oggetto di cantieri per grandi opere: la diga internazionale del Moncenisio, il raddoppio della ferrovia e dei tunnel ferroviari, il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus, poi l’impianto e la centrale idroelettrica di Pont Ventoux.
Cosa può accadere a incrementare il lavoro cantieristico? Il sovraccarico di opere di attraversamento e di cantieri in aree residenziali produce il cosiddetto “effetto Bronx”, dal nome del noto quartiere di New York che, tra le due guerre, è passato da zona urbana con i più ampi parchi della città a luogo simbolo del degrado. Quando rumori e disturbo superano una certa soglia, la popolazione originaria non accetta più il costo dell’affitto e si sposta, facendosi sostituire da una che accetta il disturbo perché può pagare di meno.
La Torino-Lione non incrementerà l’occupazione: le imprese dei grandi cantieri si impiantano come un paese autonomo in tutto e per tutte le forniture dipendono da grandi contratti. Ai locali restano pochissimi posti e pochi lavori marginali.
Ancora lo smaltimento dei materiali di scavo La previsione di volumi totali scavati sono di 18,4 milioni di metri. Il progetto prevede un riutilizzo di 8,7 milioni di metri cubi, pari al 47% ma, in mancanza di giustificazioni, tale percentuale appare troppo alta considerando che nei progetti precedenti la quota di riutilizzo era intorno al 27%. Tenendo buona questa percentuale il riutilizzo è di 5 milioni di metri cubi. Il restante non si sa ancora dovre sarà destinato.

Mi fermo, solo numeri per poter riflettere con calma.






Fonti varie dalla rete

venerdì 24 giugno 2011

L'agrovoltaico: l'uovo di colombo per l'energia solare.



La questione di abbattere le emissioni di CO2 ha stimolato sia la ricerca seria che la speculazione ed il businnes. Si recuperano vecchi modi di produzione energetica, come l’idroelettrico, in parte ci si è dati l’obiettivo di sfruttare fonti energetiche già esistenti e inesauribili, come vento e sole.

Ma basta poco per trasformare una buona idea in una vera soluzione, come nel caso dell’agrovoltaico.

Iniziamo dal preambolo la grande controindicazione del fotovoltaico è data dall’occupazione del terreno per disporre i pannelli solari, terreni quindi sottratti all’agricoltura, ma ecco una soluzione, tutta italica: nel Comune di Virgilio, in provincia di Mantova, un’azienda agricola ha installato, prima nel mondo, un impianto fotovoltaico che non impedisce la prosecuzione delle attività agricole, così districando un conflitto tra due attività cruciali che sembrava impossibile da risolvere.

L’impianto, installato su 15 ettari, ha una potenza di 2,2 megawatt, prodotti da 500 mila celle fissate a una tensostruttura scoperta ed sollevata 5 metri sopra il campo agricolo, in modo da permettere anche il passaggio dei macchinari.
I 750 inseguitori solari biassiali comunicano tra di loro grazie a un innovativo sistema di controllo e trasmissione wireless. Ma non solo: la forma è in grado di ricavare la temperatura e l’umidità del terreno, fornendo istruzioni utili al coltivatore, che in più può utilizzare l’impalcatura per installare sistemi d’irrigazione o protezioni contro la grandine.

A pensarci, elevare al primo piano l’impianto è un po’ l’uovo di Colombo, anche se integrato con un utilizzo innovativo delle tecnologie.
L’esigenza è chiara: non impedire l’utilizzo proprio del campo agricolo, riuscendo però a produrre elettricità a emissioni zero, per di più senza il capestro dei contratti ventennali che varie grandi società finora hanno imposto agli agricoltori impoveriti dalla crisi e dalla globalizzazione. Senza contare il rispetto della filiera energetica corta: portare elettricità là dove ce n’è effettivamente bisogno.

Le virtualità di questa soluzione sono elevatissime, tanto che nuove installazioni del genere sono già state progettate altrove, ancora nei dintorni di Mantova e a Piacenza. L’obiettivo è trasmettere questa metodica in tutta Italia e nelle pianure d’Europa.

A questo scopo alcune partnership sono già state avviate con società francesi innovative nel settore dell’energia rinnovabile.

La speranza paradossale è si generi un businnes “virtuoso” che possa far prendere piede a questa soluzione semplice ingegnosa e ecologica.

Fonti essenziali
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-05-26/sorge-sole-agrovoltaico-134639.shtml?uuid=AanS7daD

http://www.giornaledibrescia.it/economia/il-primo-impianto-agrovoltaico-al-mondo-e-made-in-brescia-1.777656

mercoledì 22 giugno 2011

Rumors sulla portaerei cinese



Scrive il quotidiano Commercial Daily di Honkkong, citando un anonimo alto ufficiale cinese, il 1° luglio prossimo la nuova portaerei cinese salperà dai cantieri di Dalian, dove sarebbe stata sottoposta a lavori di aggiornamento dei sensori e dei sistemi d’arma, e prenderà per la prima volta il mare per affettuare una serie di prove.


Nelle settimane scorse la Cina aveva confermato ufficialmente, di essersi dotata di una portaerei.


In effetti non si tratta di una nuova costruzione, ma della portaerei ex sovietica Varyag, acquistata nel 1998 in Ucraina da una società di Hong Kong che dichiarò di volerla trasformare in un casinò galleggiante che avrebbe operato al largo di Macau.


Non è stato annunciato ufficialmente il nome con cui sarà chiamata la portaerei, anche se "rumors" danno per certo quello di "Shi Lang", un ammiraglio della dinastia Ming che conquistò Taiwan.

decreto anti corruzione: una farsa?



Mercoledì 15 giugno, dopo un anno di attesa, il senato licenzia il ddl anti-corruzione.Una norma ridicola.

Due punti per tutti il primo sarà il governo ad avere la delega per scrivere il capitolo degli ineleggibili nelle istituzioni, adesso che tipo di governo abbiamo?

Secondo, il governo affida il compito di vigilare sulla corruzione in Italia, facendo piani e riferendo al Parlamento, a una rivisitata e ampliata Civit “Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza, l’integrità delle amministrazioni pubbliche”. Costituita il 27 ottobre 2009 con l’obiettivo di “ottimizzare la produttività del lavoro pubblico” e garantire “l’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. A capo vi è Antonio Martone, con passato da presidente dell’Anm, ma che il 29 luglio 2010 ha dovuto lasciare la magistratura, prima che fosse il Csm a intervenire, perché era finito nell’inchiesta sulla P3.

domenica 17 aprile 2011

Ancora più libera la diffusione di OGM nei cibi






“La salute dell’uomo sta’ più nell’appropriato uso della cucina che nelle scatole degli speziali” Francesco Redi (1626-98)

Secondo le stime del Servizio internazionale per l’acquisizione delle applicazioni agro-biotech (Isaaa, rapporto N. 42) nel 2010 si è avuto un notevole incremento su scala mondiale delle coltivazioni transgeniche la cui diffusione ha superato in meno di 15 anni il miliardo di ettari, distribuiti prevalentemente fra Stati Uniti, Brasile ed Argentina; è emersa anche una rapida accelerazione in Cina, ove tali colture sono state adottate da circa 6,5 milioni di agricoltori.

All’interno dell’Ue, escludendo il caso spagnolo ― sul cui suolo si concentra circa l’80% dei terreni europei destinati agli Ogm ben ventuno Paesi dell’Unione mantengono il proprio divieto.
Gran parte dei consumatori si dimostra altresì diffidente verso l’alimentazione transgenica e trovandosi di fronte all’apposita etichetta identificativa, potendo scegliere ne rifugge l’acquisto.

Purtroppo col via libera concesso dall’Ue ai mangimi importati composti anche da materiale gm, evitare la contaminazione si farà sempre più arduo: se nel prodotto le tracce sono inferiori allo 0,9% non è infatti prevista l’etichettatura obbligatoria.
Nonostante i ripetuti appelli di medici e ricercatori, nonostante le preoccupazioni di associazioni ambientaliste per la temuta propagazione dei transgeni e l’allerta per la salute pubblica, gli Ogm continuano ad essere sponsorizzati come il “miracolo” che sfamerà il mondo intero.

L’Ue si fa sempre più permissiva, agevolando gli interessi delle grandi multinazionali statunitensi: un atteggiamento di apertura che ha avuto inizio nel 2003, anno in cui gli Stati Uniti assieme a Canada ed Argentina vinsero la vertenza commerciale presso la Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio) contro la moratoria europea del ’98 che sospendeva le autorizzazioni al mercato transgenico.

Strumento, o meglio testa di ponte che favorì la strategia aggressiva utilizzata dagli Usa per imporre sanzioni contro tutti i Paesi ― in particolar modo quelli in via di sviluppo, com’è accaduto già per Bolivia e Srī Lanka ― che avessero intenzione di applicare restrizioni in tal senso, è stato il programma stabilito dalla commissione Codex Alimentarius.
Si tratta del principale organismo mondiale, coordinato dall’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che dispone le direttive di sicurezza alimentare, fissa i limiti sui residui di pesticidi, additivi e farmaci veterinari e le norme igieniche rivolte a ben 153 Paesi. Questi standard sono il punto di riferimento adottato dalla Wto per giudicare le vertenze internazionali ad essa sottoposte, ed è pertanto ovvio che tutti i Paesi membri dovranno sempre più attenervisi, volendo evitare le conseguenti perdite economiche dovute ad esorbitanti sanzioni.
Facilitare gli scambi commerciali internazionali è uno degli obiettivi dichiarati dal Codex Alimentarius, assieme a quello di “garantire ai consumatori un prodotto sano e igienico” e “correttamente presentato ed etichettato”: peccato siano delle finalità in netto contrasto fra loro, dato che gli interessi economici delle lobby industriali non antepongono certo la salute umana al profitto.

Anche il Codacons è intervenuto ― nel 2010 ― lanciando un allarme sugli additivi chimici sdoganati dal Codex: “alimenti trattati con sostanze quali micotossine, idrocarburi aromatici policiclici; desoxynivasol; acrilamide, cadmio.

Per i pesci si teme per il metilmercurio e per il piombo. Recentissima è poi l’autorizzazione ad aumentare fino a quasi il doppio il livello delle aflatossine nelle nocciole, noci, pistacchi e fave di cacao.
Eppure è risaputo che fin dagli anni Sessanta le aflatossine venivano utilizzate dai ricercatori per indurre i tumori negli animali per poi studiarli. Pertanto, le stesse non sono «potenzialmente» cancerogene; ma sono cancerogene e basta!”.
Consultando le linee guida sui cibi transgenici si legge: “I microorganismi a Dna-ricombinante usati per produrre questi alimenti sono generalmente derivati, usando le tecniche della più moderna biotecnologia, da ceppi che hanno una storia di sicuro e propositivo impiego nella produzione alimentare”. Nei casi in cui non vi sia alcuna referenza, non se ne esclude l’uso ma “si dovrà stabilire la loro sicurezza”. In che modo?
“Le valutazioni di sicurezza che sono state condotte hanno riguardato soprattutto la mancanza di proprietà associate alla patogenicità di questi microorganismi e l’assenza di segnalazioni su effetti collaterali attribuibili alla loro ingestione”. Parametri come la stabilità genetica dei suddetti, il potenziale di trasferimento genico e di colonizzazione o interazione con la flora del tratto intestinale, oltre all’impatto sul sistema immunitario verranno valutati a posteriori, in seguito ad eventuali ed imprevedibili conseguenze di un’assunzione prolungata: “le misure di gestione del rischio come il monitoraggio post-commercializzazione degli effetti sulla salute dei consumatori possono facilitare il processo di valutazione”.
Perciò secondo il Codex Alimentarius, prima di poter affermare che gli Ogm siano nocivi sarebbe necessario che il vostro benessere ne venga (irrimediabilmente?) compromesso, dopodiché sarà presa in considerazione l’ipotesi: sempre che siate in grado di dimostrare la diretta responsabilità dei “microorganismi a Dna-ricombinante” nell’insorgenza di una qualunque patologia. Altro criterio per una stima del rischio sarebbero infatti gli esiti sugli animali, e la conclusione a cui si giunge è proprio che “individuare qualsiasi effetto indesiderato e metterlo in relazione definitivamente con una caratteristica specifica del cibo può essere estremamente difficoltoso”, per l’appunto!

Come se non bastasse, degli Ogm sono sconosciuti anche “i potenziali risultati della trasformazione alimentare, inclusa quella domestica”; potrebbero esserci ad esempio “alterazioni nella stabilità di una sostanza tossica endogena o nella biodisponibiltà di importanti nutrienti dopo l’elaborazione”. Ma in ogni caso “basando la stima sul più alto consumo possibile è garantito che il potenziale di effetti nutrizionali indesiderati verrà rilevato”, ed inoltre “l’obiettivo della valutazione sulla sicurezza è concludere che il cibo prodotto con un microorganismo a Dna-ricombinante è sicuro quanto la controparte tradizionale”.

Fonti esseziali
Stanley W.B. Ewen, Árpád Puszai, Effect of diets containing genetically modified potatoes expressing Galanthus nivalis lectin on rat small intestine, in «The Lancet», Vol. 354, N. 9187, pp. 1353- 354, 16 October 1999.
Codex Alimentarius Commission, Twenty-sixth Session, FAO Headquarters, Rome, 30 June-7 July 2003;
General guidelines on claims, CAC/GL 1-1979 – Codex Alimentarius.
Guideline for the conduct of food safety assessment of foods produced using ecombinant-Dna microorganisms, CAC/GL 46-2003 – Codex Alimentarius.

Rinascita http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=739

Non bombarderemo la Libia


La conferma del no di Berlusconi ai bombardamenti sulla Libia non può renderci meno colpevoli.
L’ipocrisia della partecipazione a questa missione dei cosiddetti volenterosi, capeggiati dagli anglo-francesi, non può essere insabbiata.

era più corretto aspettare, far passare l'emotività e poi decidere. Anche perché si tratta di una guerra tra tribù, dove diventa complesso giudicare e posizionarsi.
Assolutamente senza voler rendere Gheddafi un eroe o un giusto capo di stato.

Sarkozy, Cameron, Obama hanno chiesto un intervento più deciso dell'Italia e il nostro governo ha detto no.
quindi la nostra aviazione Militare non bombarderà le forze lealiste né le città libiche per spianare la strada ai ribelli di Bengasi. Però, lo ripetiamo, si tratta di una posizione ipocrita, in quanto partecipiamo comunque all’annullamento della contraerea del colonnello. “Facciamo già abbastanza”, questa la posizione espressa da Berlusconi, soprattutto per la “nostra posizione geografica ed il nostro passato coloniale”.
Con il governo francese siamo duramente in contrasto sia per le decisioni libiche che per quelle sul flusso migratorio. Sul primo non abbiamo mandato giù il protagonismo di Sarkò che per questioni interne e per il petrolio libico ha avviato questa nuova guerra.

Giustamente si deve difendere il primato dell’Eni che dai tempi di Mattei opera sul territorio libico ma non per questo si deve stare in questa alleanza.
Berlusconi come lo stesso ministro della guerra La Russa nonché Frattini sono passati dalla difesa di Gheddafi al riconoscimento del governo di Bengasi.
Va bene che siamo italiani e quindi abituati a passare da una posizione all’altra, ma ancora un ennesimo "to badogliate" è troppo.

venerdì 18 febbraio 2011

Rafid Ahmed Alwan al Janabi scopre le menzogne sulla Seconda Guerra del Golfo


Rafid Ahmed Alwan al Janabi ha fatto le sue rivelazioni fatte al servizio segreto tedesco (Bnd).

Dopo otto anni l’inizio della Seconda guerra del Golfo la prima dichiarazione ufficiale che il piano di sviluppo di armi chimiche iracheno era solo una menzogna. L’arsenale poi, tranne una fabbrica di insetticida, non è mai venuto alla luce.

Adesso si attende di conoscere il nome del responsabile che diede fiducia alle divulgazioni di al Janabi, senza che queste avessero alcun controllo certo.Il primo a esprimersi sul caso è stato l’ex segretario di Stato Usa Colin Powell, che nel 2003 prospettò alle Nazioni Unite la testimonianza dell’ingegnere chimico come una prova evidente degli intenti di Saddam Hussein

Colin Powel scarica la responsabilità sui modi con cui gli interrogatori di al Janabi sono stati condotti e su come si siano ottenute le dichiarazioni.

Insomma adesso inizia lo scaricabarile.

La comunità internazionale è ben cosciente che l’assurda azione preventiva intrapresa da Bush si basava su prove fatue, ma se lo stesso delatore dichiara che ha sempre detto il falso quel minimo di prestigio che gli uomini dell’allora Staff presidenziale crolla del tutto.

L’allora capo divisione della CIA in Europa Tyler Drumheller, ha affermato di aver accolto le testimonianze del dissidente iracheno, ma di aver sempre rimarcato che l’uomo poteva essere un mistificatore. A queste parole l’ex capo della CIA, George Tenet ,sostiene di non avere mai avuto nessuna nota dall’Europa.

Ma a smentire tutti ci pensa al Janabi ricordando che i servizi Segreti Tedeschi dopo una prima serie di interrogatori si accorsero che erano comunicati solo fatti di fantasia, e smisero d’interrogarlo.
Le interrogazioni ripresero diciotto mesi dopo (poco dopo l’attentato alle torri gemelle) quando tornarono gli vennero chiesti ulteriori dettagli sulle precedenti notizie diffuse. E proprio queste ultime dichiarazioni finirono nel discorso di Powell alle Nazioni Unite”.

giovedì 17 febbraio 2011

un dato circa la vaccinazione da H1N1


Ogni tanto la stampa scrive sulla cosi detta influenza suina, narrando di nuovi casi e sulla necessità della vaccinazione.
L’autorevole “Le Figaro” riporta a proposito un dato emerso dal uno studio finlandese.

Su centomila vaccinati contro il virus H1N1 30 hanno sviluppato narcolessia, una malattia degenerativa irreversibile del cervello. Tutti e trenta sono giovani prepuberi.
Tutta la popolazione affetta da questa malattia anno avuto il vaccino della ditta Glaxo.

Nell’attesa di stabilire se si tratti di un “incidente” da eccipienti o un temuto effetto collaterale al vaccino il Ministero della Sanità finlandese ha sospeso la vaccinazione e ritirato tutte le scorte di vaccino dal commercio e dall’uso.

Da rimarcare che i casi di narcolessia dichiarati in Finlandia, sino a prima dell’introduzione del vaccino, erano 7 in tutto il 2007 e 10 in tutto il 2008.

Non voglio riportare altro che la notizia. Lascio i giudizi al lettore; la vaccinazione ha reso un servizio all’umanità, questo è certo, ma si è anche abusato della stessa.
Quando non è certa la pericolosità di una malattia è giusto creare questo farmaco, sapendo che non è puro?

domenica 30 gennaio 2011

Direttiva CEE su erboristeria. Ingresso della lobbies del farmaco anche qui



Si dice che dal prossimo primo aprile 2011, cioè tra quattro mesi, spariranno dalla vendita integratori, medicine naturali tradizionali, chiuderanno le scuole di naturopatia e omeopatia, e verranno date alle fiamme tutti i libri su argomenti naturali.
Notizio che certamente rientrano in una strategia ben precisa.
Diffondere notizie non realizzabili (almeno nell’immediato) rientra in una strategia mediatica di deviazione delle masse.
Chi infatti potrà mai credere che spariranno libri, o addirittura che saranno chiuse le scuole pluridecennali di naturopatia?
Siccome ciò nel breve termine ciò è impossibile, il risultato è che tutto perde di significato.

Cerchiamo di fare un po’ chiarezza.

Direttiva 2000/13/CE
Studiamo prima la direttiva del 20 marzo 2000 quando i burocrati del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa hanno deliberato la Direttiva 2000/13/CE “relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità"
In questa Direttiva, entrata in vigore il 26 maggio 2000, si parla dell’etichettatura a livello comunitario.

Articolo 2

1. L'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:

b) (…) attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà.

Nella presente Direttiva NON si può “attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà”. Cosa i burocrati intendono per “prodotto alimentare” lo troviamo nella Direttiva 2002/46/CE.

Direttiva 2002/46/CE
La Direttiva 2002/46/CE, sancita questa volta in Lussemburgo, “relativa a ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernente gli integratori alimentari" è molto interessante!

In Italia è stata recepita con un Decreto legislativo nr. 169 del 21 maggio 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nr. 164 del 15 luglio 2004.

Articolo 1
1. La presente direttiva si applica agli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari e presentati come tali.

All’articolo 1 della Direttiva 2002/46, gli “integratori alimentari”, sono commercializzati come “prodotti alimentari”, e in quanto tali, per la Direttiva 2000/13 vista prima, NON si è possibile attribuire loro alcuna proprietà “atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana” .
All’articolo 2, paragrafo b) invece, si specifica che le vitamine e i minerali sono considerati “sostanze nutritive” o “nutrienti”, mentre al paragrafo a) gli “integratori alimentari” possono essere costituiti da una “fonte concentrata di ‘sostanze nutritive’ ”. Si può per tanto concludere che anche le vitamine e i minerali sono considerati “prodotti alimentari”!

Articolo 2

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "integratori alimentari": i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico (…);

b) "sostanze nutritive" o "nutrienti": le seguenti sostanze:

i) le vitamine;

ii) i minerali.

Ecco il primo passaggio epocale: trasformare “minerali”, “vitamine” e “piante”, prima in “integratori” e quindi in “prodotti alimentari” (integratori alimentari), specificando anche la dose raccomandata per l’assunzione giornaliera (la ridicola R.D.A.). Dose da non superare, ovviamente!
Non è tutto, perché a corredo di tale direttiva, il Ministero della Salute ha fornito un elenco delle piante permesse (Tabella B: “erbe impiegabili negli integratori alimentari”) e un elenco delle sostanze non permesse (circa 400, Tabella A: “erbe il cui uso deliberato non è ammesso”).
Tutte le piante citate in quest'ultimo elenco, sono state tolte dal commercio, creando confusione tra venditori e consumatori e seri problemi economici ai produttori!
Tanto per capire la situazione, ci sono numerosi casi in cui una medesima pianta figura in entrambi gli elenchi, differenziata solo dalla parte utilizzabile (seme, fiore o corteccia per esempio). Ancora più confusione e danni economici enormi a quelle piccole o medie aziende che magari hanno investito soldi su dei prodotti, piuttosto che su una specifica pianta.

Se teniamo conto che nella Direttiva 90/496/CEE del 24 settembre 1990, come “prodotti alimentari” sono, quelli “destinati a ristoranti, ospedali, mense e altre analoghe collettività" cioè solo alimenti!
Specificando subito dopo, all’articolo 1, paragrafo 2) che tale Direttiva (90/496/CEE) non si applica alle acque minerali e agli “integratori di regime/complementi alimentari
E’ la prima volta dal 1990, che vitamine e minerali vengono considerati come “prodotti alimentari”, con le conseguenze che abbiamo visto sopra e che vedremo anche tra breve.
Adesso veniamo alla Direttiva che più ha scatenato le rivolte nel web.

Direttiva 2004/24/CE
Questa essendo stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. L 136 il 30/04/2004, non entra in vigore, come viene detto nel web, il primo aprile 2011, ma il mese successivo, e cioè il primo maggio del 2011.

Ciò elimina dalla testa dei malpensanti un “pesce d’aprile” di catastrofiche dimensioni.
La Direttiva 2004/24 modifica “per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano".
L’ormai arcinota Direttiva modifica una precedente Direttiva, la 2001/83 del 6 novembre 2001, che definisce “i medicinali per uso umano”, per l’esattezza va a modificare i “medicinali vegetali tradizionali”.

Cosa sono questi medicinali?
La Direttiva è chiara a tal proposito e definisce “medicinale”, “medicinale vegetale tradizionale” e “medicinale vegetale”.
Con il termine generico “medicinale”, la definizione è la seguente:

(Punto 2) comma a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata avente proprietà curative o profilattiche delle umane; o comma b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica.

Permedicinale vegetale tradizionale”:

29) medicinale vegetale che risponda ai requisiti di cui all'articolo 16 bis, paragrafo 1.

Permedicinale vegetale”:

30) ogni medicinale che contenga esclusivamente come principi attivi una o più sostanze vegetali o uno o più preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in associazione ad uno o più preparati vegetali.

All’articolo 16 bis, paragrafo 1 si dice che è istituita una procedura di registrazione semplificata per i medicinali vegetali che soddisfano TUTTI i seguenti requisiti:

a) le indicazioni sono esclusivamente quelle appropriate per i medicinali vegetali tradizionali che, in virtù della loro composizione e del loro scopo, sono destinati ad essere utilizzati senza controllo medico per necessità di diagnosi, di una prescrizione o per il controllo del trattamento;

b) ne è prevista la somministrazione solo in una determinata concentrazione e posologia;

c) si tratta di un preparato per uso orale, esterno e/o inalatorio;

d) è trascorso il periodo di impiego tradizionale di cui all'articolo 16 quater, parag. 1, lettera c);

e) i dati relativi all'impiego tradizionale del medicinale sono sufficienti; in particolare, il prodotto ha dimostrato di non essere nocivo nelle condizioni d'uso indicate e i suoi effetti farmacologici o la sua efficacia risultano verosimili in base all'esperienza e all'impiego di lunga data.

A parte i paragrafi i primi tre, la lettera d) sancisce un periodo di tempo tradizionale stabilito dall’articolo 16 quater, paragrafo 1 lettera c).
Articolo 16 quarter, paragrafo 1 lettera c).

La documentazione bibliografica o le certificazioni di esperti comprovanti che il medicinale in questione o un prodotto corrispondente ha avuto un impiego medicinale per un periodo di almeno trent'anni anteriormente alla data di presentazione della domanda, di cui almeno 15 anni nella Comunità. Su richiesta dello Stato membro in cui è stata presentata la domanda di registrazione per impiego tradizionale, il comitato dei medicinali vegetali esprime un parere sull'adeguatezza della dimostrazione dell'uso di lunga data del medicinale in questione o del prodotto corrispondente. Lo Stato membro presenta la documentazione rilevante a sostegno della richiesta

Un prodotto che funziona, se non si riesce a comprovare il suo impiego continuativo per almeno 30 anni, prima della data di presentazione della domanda, rischia di essere messo al bando e tolto dal commercio.
Ma i punti che più c’interessano, scorrendo la Direttiva del 2004, sono il 3 e 5.

Punto 3:

“Nonostante una lunga tradizione d'uso, numerosi medicinali non rispondono ai requisiti relativi all'impiego medicinale ben noto né presentano una riconosciuta efficacia e un livello accettabile di sicurezza e non possono pertanto essere oggetto di un'autorizzazione all'immissione in commercio. (…)”

Punto 5:

“(…) Tuttavia, poiché neppure una lunga tradizione consente di escludere eventuali timori circa la sicurezza del prodotto, le autorità competenti dovrebbero avere la facoltà di richiedere tutti i dati necessari per la valutazione della sicurezza. La qualità di un dato medicinale non è determinata dal suo impiego tradizionale. Pertanto non dovrebbero essere concesse deroghe all'obbligo di effettuare le necessarie prove chimico-fisiche, biologiche e microbiologiche. I prodotti dovrebbero soddisfare le norme di qualità contenute nelle monografie della farmacopea europea pertinenti o in quelle della farmacopea di uno Stato membro”

Qui il caos è voluto.

Da una parte dicono che una lunga tradizione di un medicinale vegetale consente di non dover fare la sperimentazione preclinica e dall’altra dicono che tuttavia, poiché “neppure una lunga tradizione consente di escludere eventuali timori circa la sicurezza del prodotto, le autorità competenti dovrebbero avere la facoltà di richiedere tutti i dati necessari per la valutazione della sicurezza”
Ecco il giochetto messo in atto dai burocrati di Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo.

Le autorità di controllo, completamente fagocitate dalle corporation della chimica e farmaceutica, dovrebbero richiedere - avendone la facoltà e autorità - i dati necessari per la valutazione della sicurezza di un prodotto vegetale tradizionale.
Sapete come si valuta la sicurezza di un prodotto per uso umano? Lo spiega la stessa Direttiva 2004/24/CE:

“Le domande di autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale debbano essere corredate di un fascicolo contenente informazioni e documenti relativi in particolare ai risultati delle prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e delle sperimentazioni cliniche effettuate sul prodotto e comprovanti la sua qualità, sicurezza ed efficacia”

Per tanto, se una azienda vorrà vendere un prodotto erboristico (pianta o parti di pianta) descrivendone però le caratteristiche “terapeutiche” e/o “curative” questo verrà considerato alla stregua di un “farmaco di sintesi”, anche se viene usato da migliaia di anni.
Per una piccola o media azienda questo è praticamente impossibile!
Per produrre rimedi terapeutici naturali, bisognerà fornire alle autorità: prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e cliniche.

La domanda che sorge spontanea: chi potrà permettersi tutto ciò? E la risposta purtroppo è sempre la stessa: i soliti noti… Solo le aziende del farmaco potranno economicamente registrare un prodotto erboristico per poi tenerlo fermo in un cassetto, oppure guadagnandoci miliardi alla faccia delle piccole aziende che lavorano bene e onestamente.