martedì 30 aprile 2013

sulla sigaretta elettronica

Oramai spuntano come funghi i rivenditori franchising di sigarette elettroniche.
Alcune adirittura le troviamo in farmacia dotate di benco prova, tutte sembrano vantarsi del marchio CE, ma attenzione in quanto la frode è dietro l'angolo, infatti la  sigla è stata trasformata diventando un China Export; la differenza fra le due è lieve, nel marchio europeo  C ed  E sono molto più vicine.
Altri prodotti sembrano più controllati avendo due sigle RoHS (normativa della Comunità Europea che impone restrizioni sull’uso di determinate sostanze pericolose) o SGS (indicatore di test sul liquido esente da tossici.
Altri produttori, ancora, garantiscono che la loro E-cigaret e il liquido utilizzato è made in Italy e che è certificato da una serie di analisi presso università o centri di ricerca. Di fatto, i modelli attualmente sul mercato non vantano finalità terapeutiche, e per questo non c’è l’obbligo di autorizzazioni speciali per il loro commercio.
Ricordiamo che nel fumo della sigaretta elettronica non c’è catrame, né monossido di carbonio e neppure le altre 4 mila e più sostanze che imbottiscono le tradizionali sigarette. E poi manca la combustione. Argomenti che hanno fatto breccia anche nel nostro Paese (dove un sondaggio Doxa afferma che su 10,8 milioni di tabagisti il 20 per cento usa o intende utilizzare questa tecnologia)
Malgrado ciò per l’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto superiore di sanità non ci sono riscontri sul fatto che le sigarette elettroniche siano del tutto prive di eventuali effetti dannosi e per questo il ministro della Salutedel precedente governo Monti, ne ha vietato la vendita ai minori di 16 anni, limitndo tuttavia la restrizione per i dei prodotti contenenti nicotina, in attesa di avere maggiori evidenze scientifiche per procedere a una regolamentazione.
Nell'assenza di conformi dati scientifici e di normative ognuno si muove come meglio crede
Così nelle scorse settimane il fumo elettronico è stato vietato sui vagoni di Trenitalia e Ntv, ma anche sugli aerei Alitalia, mentre il primo comune italiano che lo ha bandito dagli uffici pubblici è stato Lomazzo, in provincia di Como, applicando anche una multa fino a 250 euro ai trasgressori. Poi sono arrivate le scuole superiori, i cinema e i ristoranti, dove si applicano i divieti più per esigenze di galateo che per tutela della salute.
Ancora vi è chi considera la sigaretta elettronica non solo come alternativa al fumo, ma come mezzo per dissuefare i consumatori al fumo stesso; a tal proposito Agostino Macrì, consulente per i problemi di Sanità Pubblica dell’Unione Nazionale consumatori, ha dichiarato che l'obbiettivo è quello di eliminare o ridurre fortemente il ritorno al fumo, per tale motivo egli richiede informazioni corrette ai consumatori sulla dose di nicotina presente e su quante se ne possano fumare.
Però (e in tutto c'è un però) dietro questo fenomeno vi è un riscontro molto più materiale se in Italia 400 mila persone hanno abbandonato le sigarette per passare a quelle elettroniche (ma presto potrebbero diventare 2 milioni) e tutto ciò si traduce con una significativa riduzione delle entrate per l'erario. Se si leggono i dati ci si accrge che nel primo bimestre del 2013, lo Stato ha incassato 1.607 miliardi di accise  contro i circa 1739 del medesimo periodo nell’anno 2012. A guardare le suddette cifre, è facile comprendere i “danni” sicuri la sigaretta elettronica li produce nei confronti delle casse dello Stato. Si parla una una diminuzione del 7.6% delle entrate, entrate considerate fisse.
Se a queste cifre andiamo a sommare la diminuzione degli introiti di 71 milioni di euro registrata lo scorso dicembre 2012, la somma totale non incassata dall’erario va a superare i 200 milioni di euro in soli 3 mesi.
Chissà che con la scusa della salute non entri anche su questo prodotto un balzello che poi incrementerà il prodotto clandestino.

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