mercoledì 23 gennaio 2013

penso e rifletto...



L'attuale campagna elettorale vive di un paradosso.
Non è una questione di nomi, è una questione di comunicazione.

I vari capi-coalizione non fanno altro che parlare l'uno contro l'altro, accusandosi e rinfacciandosi cose. Nessuno che prenda il microfono per puntualizzare i problemi dell'Italia: la disoccupazione sia giovanile che quella, forse ancora più importante, della media età (coloro che dalla perdita del lavoro non riescono più a ricollocarsi per l'età), il mal costume del potere dilagante, gli sprechi reali della macchina burocratico-politica, un mancato vero controllo fiscale di chi non è lavoratore dipendente.

Pochi punti che sarebbe bello conoscerli, sviluppati secondo le visioni dell'orientamento personale, per così poter prendere, con convinzione, una visione e poi una decisione di voto. Invece no, solo urla. Polli che si spennano nel pollaio.
Parole e parole che attentamente analizzate sono suoni, non concetti, tutto ciò mentre le persone, il popolo ha reali problemi di vita quotidiana.

La classe dirigente vive con la sola angoscia di perdere i privilegi, dimentichi che se sono arrivati in tale posizione è solo grazie al voto del popolo e, almeno sulla carta, per servire il popolo; quel popolo che è sovrano.
Invece lentamente si è creato il distacco fra istituzione e base, distacco che fa si che l'istituzione viva come la corte reale di Versailles, e il popolo sia in preda a problemi di sopravvivenza quotidiana, ma sopratutto sia attanagliato dall'inseguire desideri di beni inutili, superflui; desiderio generato dal bombardamento ipnotico dei mass-media, sopratutto la televisione, droga giornaliera cui non si può fare a meno.

Insomma cosa osservo?
Un vuoto istituzionale, ma sopratutto un vuoto decisionale di chi il potere lo crea, cioè dei cittadini di questa Repubblica italiana.

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