giovedì 14 ottobre 2010

Il sostituto del latte materno un mito fraudolento



Com’è possibile che un prodotto inventato per salvare una vita in casi gravi sia diventato di uso comune per mamme e bambini che non ne hanno bisogno, sostituendo tra l’altro un prodotto a costo zero, ecologico e qualitativamente inarrivabile come il latte materno? A quest’espansione hanno sicuramente contribuito fattori sociali come il passaggio dalla famiglia estesa a quella nucleare ed il progressivo inserimento della donna nel mondo del lavoro. Ma un ruolo importante l’ha avuto il “mongering”, l’invenzione di un bisogno inesistente per “vendere ai sani”.
Henri Nestlé aveva salvato la vita a prematuri e a donne malate con la sua farina lattea, ma ben presto questo prodotto divenne un consumo imposto con la pubblicità a tutte le fasce,

Contemporaneamente all’invenzione e allo sviluppo dei sostituti del latte materno, nasceva e cresceva la moderna medicina scientifica. Una delle caratteristiche della quale era ed è la medicalizzazione, cioè il tentativo o la pretesa di sottoporre a controllo medico tutti gli eventi nella vita di un individuo che possono influenzare la sua salute. È successo con il parto, ed è successo con l’alimentazione dei lattanti e dei bambini. L’allattamento e lo svezzamento, che per millenni erano stati praticati in modo naturale, mediante la trasmissione intergenerazionale dei relativi comportamenti, diventano oggetto di attenzione da parte dei pediatri. Non potendo controllare quantità e qualità del latte materno, essi accolgono con favore l’idea di usare e prescrivere un sostituto. All’inizio, verso la fine del XIX° secolo, sono avversari dell’industria; ritengono infatti che spetti a loro, e non a “chimici” come Nestlé, Liebig e Mellin, stabilire la composizione del prodotto. Sono soprattutto i pediatri americani a lanciarsi nell’impresa e a sviluppare diverse “formule” per diluire e mescolare il latte di mucca con altri ingredienti, nel tentativo di renderlo adatto all’alimentazione del lattante. La parola “formula”, tuttora usata in inglese per indicare il latte artificiale ed ormai entrata in uso anche nel dizionario pediatrico italiano, nasce proprio a cavallo del XIX° e del XX° secolo alla Facoltà di Medicina dell’Università di Harvard. Attorno al 1920, tuttavia, la maggioranza dei pediatri, frustrata dalla complessità di prescrivere e preparare le formule proposte dalla varie scuole di pediatria, raccomandavano ormai le formule industriali.

Si forma così, per consolidarsi in seguito in tutto il mondo, una stretta alleanza tra le professioni sanitarie, pediatri in primis, ma non solo, e l’industria che produce e commercializza sostituti del latte materno. Alleanza che spazia dalla ricerca alla formazione ed alla prestazione di servizi, ma che in ogni caso l’industria integra nel suo sistema di marketing. Nonostante importanti riviste mediche americane, inglesi e tedesche pubblichino fin dall’inizio del XX° secolo articoli che mostrano come i bambini alimentati con latte di formula abbiano una mortalità, e più in generale uno stato di salute e nutrizione, peggiore di quella dei bambini allattati al seno.

Una volta che le madri, persuase che il loro latte sia insufficiente o inadeguato, provano il latte di formula, il mercato per lo stesso è assicurato. Il lattante che, avendo preso latte di formula, succhia meno latte materno, scatena infatti quel processo fisiologico che porterà la madre a produrne sempre meno, fino all’esaurimento. L’industria conosce alla perfezione questo meccanismo ed è per questo che concentra i suoi sforzi sulla donna che deve decidere come alimentare il figlio e sui primi giorni dopo il parto. Le forniture gratuite di latte formulato agli ospedali, ora proibite dalla legge ma ancora in voga, hanno proprio questo malefico scopo: rendere facilmente disponibile il sostituto del latte materno in modo che rappresenti per tutti, madri ed operatori sanitari, la facile ed immediata soluzione all’apparire del minimo problema con l’allattamento al seno. Il marketing non è il solo responsabile di questi problemi; fanno sicuramente la loro parte operatori sanitari non adeguatamente preparati a mettere in atto routines e pratiche che favoriscano l’allattamento. Ma se almeno in parte è responsabile, bisogna porvi dei limiti, a salvaguardia della salute pubblica. Non bisogna infatti dimenticare che nelle popolazioni a basso reddito si stimano ad oltre un milione i bambini che muoiono perché non allattati al seno.

o cercato di mostrare come i meccanismi che portano ad un uso generalizzato ed improprio di sostituti del latte materno siano in atto da oltre 100 anni e siano basati sugli stessi principi adottati attualmente dalle multinazionali del farmaco per inventare malattie e farne commercio. Non per nulla l’industria del latte formulato, avendo fatto in modo che nel corso degli anni i suoi prodotti, per lo meno in Italia, si vendano prevalentemente in farmacia, resiste a qualsiasi tentativo, dall’alto e dal basso, di privilegiarne la vendita attraverso i normali canali commerciali. Vuole cioè che, fino a quando è possibile, i suoi prodotti conservino nell’immaginario collettivo le sembianze di un farmaco. Inutile dire che in questa disputa riesce ad avere al suo fianco, fedeli alleati, la maggioranza dei pediatri, che difficilmente rinunciano ad un congresso o ad un corso sponsorizzato.

C’è chi pensa che questa tendenza debba essere portata all’eccesso; che il latte di formula debba essere cioè catalogato ufficialmente come farmaco (attualmente, in tutti i paesi del mondo meno Israele, è catalogato come alimento speciale). In questo modo, sostengono coloro che propugnano questa soluzione, sarebbe usabile solo con ricetta medica, e quindi solo quando mamma e/o bambino siano gravemente ammalati ed impossibilitati ad allattare. La parallela vicenda del “disease mongering” dovrebbe insegnarci che così non è: anche un farmaco usabile solo con ricetta medica può diventare come il chewing gum.

Si deduce che sia preferibile il contrario: che il latte di formula debba essere equiparato alle melanzane. Forse, declassato da prodotto medico ad ortaggio, cesserebbe di essere appetibile per i pediatri e di far concorrenza al latte materno.

Bibliografia

http://www.mpv-cav.veneto.it/mpv/a_182_IT_962_1.html

http://www.ibfanitalia.org/

http://salutenaturale.forumattivo.com/generale-bis-f1/farmaci-che-ammalano-e-case-farmaceutiche-che-ci-trasf-t501.htm

Smith R. Investigating the previous studies of a fraudolent author. British Medical Journal 2005;331:288-91.

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