sabato 12 novembre 2011

Kamut una leggenda poco salutistica

Esiste un frumento che possiede buone proprietà nutrizionali ed è eccellente per la pastificazione, ma non è stato “risvegliato” da una tomba egizia e non è adatto ai celiaci. E' coltivato e venduto in regime di monopolio, ha un costo eccessivo, e una pesante impronta ecologica questo è il Kamut – o meglio, del Khorasan: un tipo di frumento che tra l’altro abbiamo anche in Italia.

“Kamut” non è il nome di un grano, ma un marchio commerciale, depositato che la società Kamut International ltd (K.Int.) ha posto su una varietà di frumento registrata negli Stati Uniti con la sigla QK-77, coltivata e venduta in regime di monopolio e famoso in tutto il mondo grazie ad un’operazione di marketing senza precedenti; infatti è stata ideata la leggenda che di tale grano i semi siano stati ritrovati in una tomba egizia ed inviati nel Montana, dove stati “risvegliati” e posti in coltivazione.

Il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut è coltivato negli Stati Uniti (Montana) e nel Canada (Alberta e Saskatchewan), sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, proprietaria della società K.Int.; in Italia è importato solo da aziende autorizzate e può essere macinato solo da mulini autorizzati.
Tutti i prodotti che portano il marchio sono preparati e venduti sotto licenza della K.Int e sotto il controllo della Kamut Enterprises of Europe.
Il marketing decisamente efficace che è alla base del successo del Kamut ha fatto leva su tre aspetti: la suggestiva leggenda del suo ritrovamento, l’attribuzione di eccezionali qualità nutrizionali ed una presunta compatibilità per gli intolleranti al glutine.

Il Frumento orientale o Grano grosso o Khorasan è una specie (Triticum turgidum subsp. turanicum) appartenente allo stesso gruppo genetico del frumento duro; è originario della fascia compresa tra l’Anatolia e l’Altopiano iranico (Khorasan è il nome di una regione dell’Iran); nel corso dei secoli si è diffuso sulle sponde del Mediterraneo orientale, dove in aziende di piccola scala è sopravissuto all’espansione del frumento duro e tenero.

L’invenzione commerciale del ritrovamento
Dunque, per trovare il Khorasan in Egitto non era (e non è) davvero necessario scomodare le tombe dei faraoni; senza contare che un tipo di Khorasan era (e, marginalmente ancora è) coltivato anche tra Lucania, Sannio e Abruzzo: è la Saragolla.
Tutto questo porta ariconoscere nella storia del presunto ritrovamento del Khorasan/Kamut solo una fantasiosa invenzione commerciale, eleborata per stimolare il desiderio di qualcosa di puro, antico ed esotico.

Dai dati oggi disponibili, di fonte pubblica e privata, tra gli elementi di maggiore caratterizzazione del Khorasan ci sono un elevato contenuto proteico, in generale superiore alla media dei frumenti duri e teneri, e buoni valori di beta-carotene e selenio; per le altre componenti qualitative e nutrizionali non ci sono differenze sostanziali rispetto agli altri frumenti.

Glutine: bisogna, infatti, chiarire che, come ogni frumento, il Khorasan è inadatto per l’alimentazione dei celiaci, perché contiene glutine (e non ne è né privo né povero, come, poco responsabilmente, una certa comunicazione pubblicitaria afferma o lascia intendere) e ne contiene in misura superiore a quella dei frumenti teneri ed a numerose varietà di frumento duro.
Riprtatro di seguito la presenza di glutine del Kamut ripettoil Grano duro comune

-Kamut: glutine secco 15,5%, glutine/proteine 94,5%

-Frumento duro: glutine secco 12,5%, glutine/proteine 87,5%

Detto ciò, il Khorasan è certamente un frumento rustico, con ampia dattabilità ambientale, eccellente per la pastificazione.
Se la sua coltivazione è biologica (come permette la sua rusticità e come, per i propri prodotti, assicura il disciplinare del marchio Kamut), si può dire che senz’altro è un prodotto salutare, senza però scadere in esagerazioni né in forzature incoraggiate dalla moda e dal marketing del salutismo.

Costi elevati, per il portafoglio e per il Pianeta
Restano ancora tre aspetti che gettano un’ombra sul prodotto a marchio Kamut (ma non sul Khorasan!): il monopolio commerciale imposto dalla K.Int. su un frumento tradizionale che, come tale, dovrebbe invece essere patrimonio di tutti, e più di chiunque altro delle comunità che nel tempo lo hanno conservato e tramandato; il costo eccessivo del prodotto finito (dall’80 al 200% in più di una pasta di comune grano duro biologico), che trasforma il cibo in oggetto di lusso, di gratificazione e di distinzione, e che specula sul desiderio di rassicurazione e sul bisogno di salute;

è la pesante impronta ecologica legata allo spostamento di un prodotto perlopiù coltivato dall’altra parte del Mondo che arriva sulle nostre tavole attraverso una filiera molto lunga (migliaia di chilometri), e che, solo per questo fatto, non è compatibile con la filosofia della decrescita e con l’attenzione al consumo locale, fatto se possibile a “chilometro zero”.

Fonti
www.celiachia.it
www.inran.it
www.kamut.com
www.usda.gov
http://grain.jouy.inra.fr
Composition of whole and refine meals of Kamut under southern Italian conditions
aam Terra Nuova

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